Sebbene si millantino seguaci dei Sigur Ròs, l'album mette subito in chiaro che il parallelo ha poca ragion d'essere: i suoni sono chiaramente appartenenti allo shoegaze d'annata, mentre la voce scimmiotta come può Billy Corgan; nonostante ciò "Closer" non è affatto un'apertura disprezzabile: è un brano orecchiabile e di buona atmosfera. Molto sognante ed apprezzabilissima è la successiva "Tracing Stars". Esempio, invece, di eccesso melenso è "Sophia", incerta proprio sulla melodia, sfoggia inoltre un arrangiamento fin troppo ovvio. Fortunatamente, risolleva tutto la potenza di "Chemistry", il brano più convincente: tastiere e chitarre si fondono morbidamente, ma con compattezza, in particolar modo nella seconda metà assistiamo a una sfuriata di rumore dotata d'una insolita grazia. Peccato che poi il disco si perda un po' per strada, mostrando poco estro e molti "già visti". Da "Automatic" in poi il calo è evidente, con alcuni momenti da sbadiglio.
"Lost Trails" attira curiosità: alcune doti sono state messe in mostra, in un album, però, complessivamente ancora alquanto banale e fortemente debitore dei modelli di riferimento. Aspettiamo il seguito, le premesse non mancano.