“Eclettico” è forse il termine che meglio si adatta alla figura di Ben Harper, musicista e cantautore che nel corso della sua onorevole ed invidiabile carriera ha saputo cogliere l'essenza ora del blues, ora del rock più diretto, ora del cantautorato americano più intimo e mescolare le peculiarità di questi generi per creare sempre, album dopo album, dei lavori assolutamente personali, riconoscibili, tappe emblematiche di una evoluzione continua e graduale.
Con “Give Till It’s Gone” il compositore di Claremont prosegue la scalata creativa e l'ampliamento di prospettive che gli permette di volta in volta di scoprire e sperimentare soluzioni sempre nuove, implementandole tuttavia in un contesto ampiamente collaudato, che protegge l'ascoltatore dal possibile senso di smarrimento che potrebbe essere causato da cambiamenti magari troppo radicali. I suoni delle chitarre sono corposi e sporchi nel caso dei pezzi più incisivi come “Rock Is Free”, ruvidi ed avvolgenti nelle ballad più sommesse come l'incantevole “Feel Love”; la batteria ha un suono “vivo”, presente ed alcune volte quasi invasivo, ma l'atmosfera da vera e propria jam session regala la sensazione che nulla nella sua irruenza sia fuori posto, tant'è che le registrazioni hanno quella naturalezza e quelle piccole imperfezioni che preservano la genuinità di fondo del prodotto. Ovviamente delle sovraincisioni sono presenti, ora per aggiungere una chitarra, ora per creare i cori, ma il lavoro, proprio per i motivi sopracitati, è lungi dal risultare patinato ed artificioso.
La passione vera e cristallina per la pura musica viene sprigionata da ogni singolo minuto del disco: dall'irruenta furia di “Clearly Severely”, che scuote anche l'animo più placido e dormiente, alla semplicità di “Waiting A Sign”, dove anche il ronzio della chitarra dopo il termine dell'assolo nel bel mezzo della canzone ancora in essere è segno della volontà di lasciare il disco “così com'è”, nei limiti del possibile. L'emblema dell'immediatezza e della sincerità di “Give Till It's Gone” è però insita quando compare l'ex Beatles Ringo Starr: “Spilling Faith” nella sua semplicità e gioiosità dimostra l'assoluta libertà di Harper da qualsiasi preoccupazione a livello meramente pragmatico: una canzone nata per divertirsi, per essere eseguita assieme ad amici ed in un ambiente assolutamente sereno, e l'apice di tutto ciò viene raggiunto dalla pura psichedelia anni '60 in “Get There From Here”, coda improvvisata del brano precedente dove ognuno è libero di contribuire con il proprio spunto. Questo duo è tanto semplice quanto efficace, diretto, colpisce l'attenzione e coinvolge proprio per la sua schiettezza, per il suo esser genuino, per la sua necessità di divertirsi e passare dieci minuti di semplice divertimento, senza filtro alcuno.
Il fulcro di “Give Till It's Gone” è proprio la semplicità. Semplicità che non è, però, sinonimo di banalità, né tanto meno di immediatezza dal punto di vista testuale. Semplicità di essere onesti con se stessi e di trasmettere la propria passione ed i propri sentimenti al pubblico così come sono. Semplicità nel far scattare la curiosità, la necessità di concentrarsi sul significato dei testi. Semplicità di far partire il CD e di rimanere in contemplazione. Semplicità di insinuarsi tra le pieghe del cerebro ed adagiarsi lì, rimanere in testa per tempo, molto tempo.