Stella Diana
Gemini

2011, Happy/Mopy Records
Alternative Rock

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 06/06/11

Gli Stella Diana nascono sul finire degli anni '90 da un'idea di Dario Torre (già bassista nel primo disco dei Blessed Child Opera) e Giacomo Salzano. Dopo essersi fatti conoscere attraverso una lunga gavetta e la pubblicazione del primo full length di scala nazionale “Supporto Colore” (rilasciato nel 2007 dall'etichetta napoletana Seahorse Recordings, autentico talent scout del panorama alternative rock italiano), i Nostri approdano presso la corte della Happy/Mopy Records e ci consegnano il loro secondo parto discografico intitolato “Gemini”.

Musicalmente parlando, la caratteristica principale dei Nostri è il sound vintage che recupera a piene mani la tradizione new wave di scuola anglosassone, senza cedere a troppi compromessi (leggi: contaminazione sonora completamente assente). Solamente qualche sprazzo di shoegaze completa un quadro piuttosto scarno e privo di sfumature. Ciononostante il quartetto mostra di sapersi muovere con assoluta maestria tra le trame che appartennero a quelli che potrebbero tranquillamente essere i mostri sacri della band (perciò potremmo chiamare in causa i Joy Division, i The Cure primordiali o i nostrani Diaframma, senza dimenticare i seminali My Bloody Valentine). Fin qui tutto fila liscio come l'olio: i brani possiedono un buon tiro e destano parecchio entusiasmo là dove il basso roboante e la chitarra zanzarosa affrescano stati di puro nervosismo (“Mira”) o si intingono nella melodia più malinconica (“Caulfield”). I problemi cominciano a subentrare quando al disco si prova a chiedere un salto di qualità, una minima variazione di tema; richiesta inevitabilmente delusa da ognuno dei dieci brani del lotto, statici e immancabilmente ancorati agli stilemi musicali resi celebri dalle band e dai generi sopraccitati.

Non c'è nulla di scandaloso in tutto questo, ovviamente, ma a pagarne lo scotto è una band che in quanto a potenzialità sembra non scherzare affatto ma che, purtroppo, ha preferito rimanere confinata nell'anacronismo e nella citazione fine a sé stessa, senza provare a contaminare un genere ormai abusato con qualche sonorità più atipica e anticonvenzionale. Un vero peccato.



01. Shohet
02. Gli Eterni
03. Mira
04. Kingdom Hospital
05. Caulfield
06. Paul Breitner
07. Ra
08. Happy Song
09. Bill Carson

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool