Stream Of Passion
Darker Days

2011, Napalm Records
Gothic

Tredici piccole gemme di lacrime, sudore e passione per il nuovo album degli olandesi
Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 23/06/11

Dilemma del musicista: come replicare la magnificenza di un album che si è imposto all'attenzione del pubblico, sbaragliando un'intera concorrenza grazie alla genuinità delle sue composizioni e ai suoi straordinari contenuti musicali? Semplice, basta fare leva sui propri punti di forza e incorporare nuove influenze all'interno di un sound collaudato, in modo da rendere la proposta della propria band ancora più sfiziosa e intrigante. Gli olandesi Stream Of Passion dimostrano di avere appreso la lezione e, dopo averci deliziato con il romanticismo di “The Flame Within”, tornano alla ribalta con un disco che li consacra definitivamente nell'olimpo delle formazioni a voce femminile.

Urge tuttavia una precisazione: non stiamo parlando dell'ennesima starlette in abiti succinti, né di una vocalist qualunque: la messicana Marcela Bovio, scoperta qualche anno fa da Mr. Lucassen (titolare del progetto Ayreon, tra gli altri), è una vera fuoriclasse (come dimostrano le collaborazioni con band di tutto rispetto, tra cui gli stessi Ayreon e i veterani The Gathering) e attualmente il panorama female fronted fa una grande fatica a trovare per lei una rivale degna di questo nome. È ovvio, quindi, che il sound degli Stream Of Passion getti le proprie fondamenta sulla voce da usignolo della Bovio, ma sarebbe ingenuo e riduttivo fermarsi qui.

Darker Days” è un album velato di sottili rimandi a sfere musicali apparentemente in contrasto tra di loro, una raccolta di tredici brani che si fanno assaporare pian piano, come il migliore dei vini. Da “The Flame Within” il sestetto riprende la forma canzone non troppo articolata, distaccandosi ulteriormente dai propri esordi progressive, così come la finezza esecutiva di un pianoforte che è lo strumento-guida della maggior parte dei brani e l'apporto essenziale di un quartetto d'archi che impreziosisce i brani senza mai risultare tronfio o invasivo. A tutto questo vanno ad aggiungersi una sezione ritmica notevolmente irrobustita rispetto al passato, una chitarra solista più fantasiosa e tante nuove influenze, tra cui la musica folk messicana e il tango argentino; un effluvio di note calde e passionali, dal sapore latino, che si sciolgono in un senso di oscurità e freddezza tipicamente nordico.

Esemplare, da questo punto di vista, è l'opener “Lost”, un brano che fonde l'impeto del metal nordeuropeo con la drammaticità focosa del tango, in un acrobatico saliscendi di emozioni incorniciato da un'interpretazione vocale da brividi e dagli avvolgenti arrangiamenti di bandoneón (uno strumento simile alla fisarmonica). Ma la riscoperta delle radici messicane di Marcela non si ferma qui: “Reborn”, un brano più diretto e semplice nella struttura ma non per questo meno accattivante, ci sorprende con un ritornello completamente cantato in spagnolo, soluzione, questa, che verrà più volte ripresa nel corso dell'album. Ed è passando per episodi quali la possente “Collide”, perfetta nel suo contrasto tra un riff durissimo ed un coro arioso e ricco di pathos, che veniamo sospinti verso “The Scarlet Mark”, ottimo mix di progressive e gothic metal di natura sinfonica ispirato ad un grande classico della lettura moderna qual è “La Lettera Scarlatta” di Nathaniel Hawthorne, e “Spark”, delicatissima ballad per voce, pianoforte e bandoneón.

La sezione centrale dell'album è un susseguirsi di capolavori. Prima fra tutte è “Our Cause”, introdotta dal violino solista della bella Marcela: una canzone tendenzialmente vicina a “Lost” nella struttura (per le influenze latinoamericane e il continuo inseguirsi degli strumenti), ma dotata di una linea vocale ancor più struggente. Un pezzo da annoverare tra i picchi dell'intero genere di riferimento (provate a chiedere ai vari Epica, Delain e compagni se mai sono riusciti a raggiungere simili livelli di espressività). Bellissime le parole graziosamente incastonate nel ritornello dalla cantante: “Sing to me one more time / Turn loose the waking light / Unleash the sounds that define me / And keep me alive / And if I fall into despair / Tear down the walls and call my name / To remind me who I am”. Si prosegue con il symphonic metal impetuoso della titletrack, che su strofe dominate da contrappunti di pianoforte costruisce un ritornello da manuale, un'esplosione di coraggio, speranza e voglia di vivere. Le atmosfere plumbee e malinconiche di “Broken” chiudono il miracoloso trittico, lasciandoci completamente inermi davanti a un climax vocale dalla straordinaria natura operistica.

A questo punto ci si aspetterebbe un calo fisiologico nell'ispirazione, ma i Nostri continuano a fare centro, assemblando brani di sicuro impatto tra cui la romantica “This Moment”, vicina nello spirito al secondo disco della band, la trasognata “Closer” (ispirata al famoso dipinto di Vincent Van Gogh, “Notte Stellata”) e la più irruenta “The Mirror”, fregiata da un comparto musicale quasi spasmodico e da una linea vocale al limite dell'allucinazione, roba da fare invidia ai compianti After Forever. “Nadie Lo Ve” (commuovente ballad scritta da Marcela dopo la morte della nonna) e la rock-oriented “The World Is Ours” chiudono in bellezza un disco destinato a conquistare gli animi più sensibili e gli amanti del metal più romantico e raffinato, con riferimenti mai troppo evidenti alla scena gothic e symphonic tanto in voga al giorno d'oggi.

Sarebbe un grave errore da parte nostra azzardare paragoni con Nightwish, Within Temptation ed Epica: gli Stream Of Passion non possiedono la spettacolarità orchestrale di questi gruppi, né l'appeal commerciale di dischi quali “Dark Passion Play”, “The Unforgiving” o “Design Your Universe”. In compenso, la band di Marcela Bovio ha capito come regalare ai propri fan piccole gemme di lacrime, sudore e passione che, lo dico senza timore, sono altrettanto (o forse ancor più) appaganti sul piano emotivo, poiché possono essere vissute in prima persona da chi le ascolta. Il nostro compito finisce qui, ora tocca a voi fare la vostra parte: trattenete il fiato e preparatevi ad innamorarvi di “Darker Days”...



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