Draconian
A Rose For The Apocalypse

2011, Napalm Records
Gothic/Doom

Sempre più poetici, sempre più incisivi: la parabola ascendente dei Draconian
Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 12/07/11

"Yes, a storm is certainly coming...
Feel the surge
Rapidly we reach for clenched hands to save us
And we see ourselves for the first time
As the ones we truly are
As we bleed, as we die...
"

L'apocalisse si abbatte furiosa sul nostro pianeta, le vestigia della gloriosa civiltà di un tempo ormai perduto popolano antiche città. Stanche, spettrali, prive di vita... In una desolata foresta risuona l'eco della tempesta appena terminata, la vegetazione stremata dal risveglio della forza primordiale di Madre Terra accoglie, in quest'agognato attimo di tregua, un solitario viandante. Il misterioso messaggero, guidato dalla pallida luce della luna, si dirige verso il suo destino ultimo. Nella mano uno scintillio color rubino: i leggiadri petali di una rosa, ultimo dono di Gaia ai suoi figli infedeli...

Tornano a tre anni di distanza da “Turning Season Within” gli svedesi Draconian, alfieri delle più cupe visioni musicali in grado di lambire con egual maestria i territori del gothic e del doom metal, e con loro torna ad abbattersi sull'inerme ascoltatore un muro di chitarre strazianti, orchestrazioni funeree, melodie malinconiche e growling vocals simili a pianti disperati... La formula della band capitanata da Anders Jacobsson richiama il tipico sound che negli anni '90 rese famosi i My Dying Bride (da sempre una delle più grandi ispirazioni dei Nostri), ma non disdegna una sezione ritmica sostenuta da cascate di riff (quelle che hanno caratterizzato la seconda fase della carriera dei connazionali Katatonia, tanto per intenderci), allontanandosi intelligentemente dalla lentezza mortifera del genere di appartenenza. A completare il quadro (già molto godibile di suo, seppur non innovativo) sono le voci e, soprattutto, l'interpretazione elegante e sofferta dei due vocalist: Anders Jacobsson, un growler di prim'ordine, nonché autore di testi di rara bellezza, e Lisa Johansson, una cantante che definire “angelica” sarebbe a dir poco riduttivo, considerando che le sue linee vocali incarnano la quintessenza del gothic leggiadro e al tempo stesso dannato che fu dei primi Theatre Of Tragedy e Tristania.

A Rose For The Apocalypse”, quarto album sulla lunga distanza per il sestetto di Säffle, ha il pregio di cambiare per l'ennesima volta le carte in tavola in casa Draconian, senza distaccarsi troppo dal sound che li rese famosi agli albori del nuovo millennio (ricordate il capolavoro “Arcane Rain Fell”?). L'esperienza maturata da Johan Ericson (chitarrista e principale compositore della band) con il side-project Shadowgarden deve aver giovato enormemente ai Draconian, che oggi si offrono ai propri fan in una veste ancora più raffinata che in passato, con tanto di influenze gothic rock e darkwave in bella vista. Un songwriting vario e ingegnoso (forse proprio quello che mancava al disco precedente, un po' troppo omogeneo alla fine dei conti) dà vita a una rosa di nove episodi (più una bonus track) che riserveranno parecchie sorprese agli amanti del genere, ma non solo...

Prendete, ad esempio, l'incedere cupo di “The Drowning Age”, l'ariosità di “Elysian Night” (un canto d'amore e morte su fragili arabeschi ethereal, il drammatico climax di “Deadlight” incastonato in un duetto da brividi), le chitarre melodiche di “End Of The Rope”... E ancora, la graziosità acustica di “A Phantom Dissonance”, l'atmosfera spettrale di “The Quiet Storm”, dove il growl di Anders colpisce come un colpo sparato dritto al cuore, oppure l'animo malato e apocalittico di “The Last Hour Of Ancient Sunlight”, un brano corredato da un video d'impatto e chiaramente allegorico che vi consiglio vivamente di vedere. E se tutto questo non bastasse, i violini di Olof Göthlin lacereranno senza pietà i vostri animi sensibili, lasciandovi storditi e commossi di fronte all'incanto di questa poesia decadente.

Ad ogni nuova uscita dei Nostri, anche i gothic metallers andati in letargo dopo lo scioglimento dei Theatre Of Tragedy, il presunto declino dei My Dying Bride e il tanto criticato cambio di rotta dei Tristania, non possono che risvegliarsi. Come negarlo, del resto? I maestri indiscussi del dolore più romantico e vellutato tramutato in musica sono proprio i Draconian: potrete anche sottovalutarli o, peggio ancora, accusarli di avere composto un album più ostico rispetto ai loro standard (sarebbe ingiusto ma legittimo: è la pura verità), ma difficilmente troverete un'altra band, in tutta la scena contemporanea, in grado di emozionarvi a questi stessi livelli...

"But we exist here...
And we cry at night
"



01. The Drowning Age
02. The Last Hour Of Ancient Sunlight
03. End Of The Rope
04. Elysian Night
05. Deadlight
06. Dead World Assembly
07. A Phantom Dissonance
08. The Quiet Storm
09. The Death Of Hours
10. Wall Of Sighs (Bonus Track)

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