Ritornano sulle scene i californiani Local Natives, freschi di pubblicazione del loro secondo full-length “Hummingbird”. Pubblicato il 29 gennaio scorso dopo un intenso lavoro di registrazione con la collaborazione attiva del produttore Aaron Dessner – qui in veste non solo di produttore, ma vera e propria parte integrante del processo di arrangiamento e composizione dei brani – questo nuovo album continua sulla scia sonora costruitasi nel lavoro d’esordio, “Gorilla Manor”. Con una differenza: se il debutto conteneva un insieme di influenze musicali piuttosto varie e poco integrate tra loro, caratterizzate da un suono piuttosto grezzo e acerbo, il successore, forte anche di una produzione meno fai-da-te e più professionale, riesce in qualche modo a limare le asperità.
La proposta dei Local Natives è un indie rock dalle influenze folk e psichedeliche, chitarre prese in prestito dal pop e una batteria altalenante tra beat nervosi da new wave (alcuni passaggi sembrano rubati ai Duran Duran) e post-rock a ritmi più soft. L’intero album si compone di momenti altalenanti, in cui brani lenti e dall’atmosfera ovattata vengono soppiantati da altri, più veloci ed elettrizzanti, passaggi che ricordano il folk rock tipico americano, di cui Bob Dylan e Leonard Cohen sono gli esponenti principali, che lasciano lo spazio a sonorità à la The Smiths. Se questo tipo di struttura domina l’album da cima a fondo, altrettanto succede all’interno delle tracce stesse: rapide alternanze di un certo tipo di sonorità ed un altro che ne è spesso l’opposto, fino a fondersi insieme (“Ceilings”, “Breakers” e “Mt.Washington” ne sono alcuni esempi).
Va detto, per interessante che possa essere, non si tratta di un mix particolarmente innovativo o originale: l’influenza dei colleghi Death Cab For Cutie e di mostri sacri come i Radiohead (“Three Months” è molto radioheadiana) si sente, forse anche un po’ troppo. Si tratta sì di un genere musicale in cui è facile introdurre elementi nuovi o unire sonorità anche molto diverse tra loro, ma da diversi anni a questa parte è diventato piuttosto difficile riuscire a farlo in modo del tutto nuovo, senza finire a creare qualcosa di già sentito. Da questo punto di vista, i Local Natives dimostrano di avere ancora un po’ di strada da percorrere, e forse la chiave sta nell’evitare la sperimentazione forzata che sembra essere stata alla base della realizzazione di questo album.
Local Natives
Hummingbird
2013, Infectious Music
Indie Rock
01. You & I
02. Heavy Feet
03. Ceilings
04. Black Spot
05. Breakers
06. Three Months
07. Black Balloons
08. Wooly Mammoth
09. Mt. Washington
10. Columbia
11. Bowery
02. Heavy Feet
03. Ceilings
04. Black Spot
05. Breakers
06. Three Months
07. Black Balloons
08. Wooly Mammoth
09. Mt. Washington
10. Columbia
11. Bowery