Cold
Superfiction

2011, Sonic Star/Eleven Seven Music
Grunge

Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 03/08/11

Tornano a sei anni dall'ultima uscita e a tre dalla reunion gli statunitensi Cold, forti di una rinnovata line-up e di un sound che, per quanto si sia evoluto nel corso degli anni, ha mantenuto i suoi punti di forza sin dalla fine degli anni '90, senza però dare la sensazione del riciclo. Tra le bandiere di un genere che all'inizio del nuovo millennio andava per la maggiore, soprattutto negli USA, i Cold hanno subito numerose mutazioni negli anni, cambiando formazione abbastanza di frequente, senza però perdere in qualità.

Non è mancata, tuttavia, la voglia di cambiare e di evolversi di album in album. “Superfiction” è il primo album dopo lo split avvenuto nel 2006 e riprende la strada del precedente “A Different Kind Of Pain”, nel quale la band espresse la sua vena melodica a discapito dell'aspetto più hard rock che caratterizzava invece “Cold” e “The Year Of The Spider”. Con questa nuova uscita, la band dimostra di saper mescolare ottimamente suoni più heavy con l'aspetto melodico del genere, al pari, se non addirittura meglio, dei fratelli sudafricani Seether.

L'album contiene un buon mix dei due elementi sonori sopra descritti, ma pare quasi diviso in tre blocchi da quattro canzoni ciascuno. La prima parte contiene i pezzi più heavy, come l'opener “Wicked World”, uno dei brani meglio bilanciati, con un ritornello molto catchy e una sezione ritmica serrata che ricorda un po' i Soundgarden vecchia scuola.  Il secondo, invece, contiene le seguenti quattro: “Welcome To My World”, “Emily”, “The Crossroads” e “Delivering The Saint”, ed è un buon mix di hard rock e melodia. La prima e la terza canzone prediligono il lato più rock ed energico, mentre la seconda e la quarta, pur non essendo propriamente power ballads come può essere “The Ballad Of The Nameless” sono sicuramente più soft. “Emily”, soprattutto, che risente di echi blues. L'ultimo blocco è introdotto da “So Long June”, ed è più tendente al rock/pop che al grunge. Il pesante uso di filtri (un leggero effetto eco sulla batteria e le voci) e la tastiera che crea un effetto “orchestra” smorzano di molto il ritmo del disco. Le chitarre, quindi, si fanno meno distorte, la voce più melodica, le ritmiche più lente, e in “Flight of the Superstar” si torna a sentire quel tocco blues che rimanda ad “Emily”. Purtroppo, questo accorpamento di brani così lenti distrae un po' l'attenzione dell'ascoltatore. Di fatto, gli ultimi quattro sono i pezzi più deboli, non noiosi, ma sicuramente meno interessanti rispetto, ad esempio, a “The Wicked World”, che invece cattura l'attenzione fin da subito.

In sostanza, “Superfiction” è un buon ritorno sulle scene da parte degli statunitensi. Non è il capolavoro che forse i fan si aspettavano, ma tiene alto l'onore della band anche dopo sei anni di silenzio e uno split. I fan saranno accontentati, ma siamo ancora lontani dai fasti di “Year Of The Spider”.



01. Wicked World
02. What Happens Now
03. American Dream
04. The Break
05. Welcome2MyWorld
06. Emily
07. The Crossroads
08. Delivering The Saint
09. So Long June
10. The Park
11. Flight Of The Superstar
12. The Ballad Of The Nameles

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