Trivium
In Waves

2011, Roadrunner Records
Heavy Metal

I soliti Trivium divisi tra pubblico e critica. Chi ha ragione?
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 23/08/11

Ne hanno fatta di strada i Trivium. Partiti nel 2003, arrivano oggi, ancora giovanissimi, al traguardo del quinto disco, mettendo all'attivo una carriera che, volente o nolente, ha segnato parte della scena metal degli ultimi anni. Amati e odiati allo stesso modo da fan e detrattori, premiati costantemente dal pubblico (“In Waves” ha raggiunto la posizione n°13 nella Billboard Chart 200, davvero tanta roba) e puniti severamente da una grossa parte della critica.

Ma allora la ragione dove sta? Per una volta ci sentiamo di non andarla a trovare nel mezzo, perchè dopo cinque album la “pratica Trivium” ha già trovato la risposta da anni. Alla luce di “In Waves” possiamo invece chiederci se ai Trivium interessi di più appagare se stessi o le masse di fan devoti che non si aspettano altro da Heafy e compagni. Perchè anche con la nuova fatica i giudizi sulla band americana non si smuovono di un millimetro: musicisti abilissimi, con un bell'affiatamento live e una presenza scenica di tutto rispetto, che però si ostinano a proporre musica dall'ascolto facile, dal refrain immediatamente orecchiabile, facendo in modo di toccare tutte le sfaccettature del metal moderno, appesantendo il suono con una mano e zuccherandolo con l'altra.

Il solito metal “happy meal”, la solita musica usa e getta, carina, persino trascinante in certi frangenti, ma che alla fine della fiera non lascia nulla all'ascoltatore, se non un continuo senso di deja vu e “sballottamento” tra le influenze messe in mostra nello scorrere della scaletta. In questo senso “In Waves” rappresenta a 360° tutto l'universo Trivium, avendo inserito in quest'opera tutte le sfaccettature dei dischi precedenti, dal metalcore, al thrash, all'heavy, con qualche capatina verso il metal più estremo e melodie coinvolgenti. Una sorta di ritorno al passato con l'esperienza assunta in tutti questi anni di duro lavoro. Quindi non la violenza degli esordi, né i cloni dei Metallica (sebbene il cantato pulito di Heafy sia ancora praticamente uguale a quello di James Hetfield), ma un ricco melting pot di breakdown e partiture filanti, accelerazioni, riffing stoppati, assoli, ugole che spaziano dal growl al pulito, il tutto in chiave moderna, un sound fatto e rifinito per chi cerca musica potente e immediata, senza rinunciare alla melodia.

Nascono così brani piacevoli ma vuoti, almeno per chi mastica metal da diverso tempo, tutti formalmente “perfetti” eppure senza particolari pregi, in cui il trademark dei Trivium riesce a donare una buona eterogeneità al disco. Purtroppo quello che manca è la vera ispirazione, quel qualcosa che quando c'è si percepisce... Passione, cuore, energia? Chiamatela come volete, ma tutto quanto nei Trivium sa di costruito, costruito molto bene (vedi cover e produzione ad opera del guru Colin Richardson), ma pur sempre costruito. A vedere il responso di pubblico sembra che abbiano ragione loro... “O tempora, o mores”.



01.Capsizing The Sea

02.In Waves

03.Inception Of The End

04.Watch The World Burn

05.Dusk Dismantled

06.Black

07.Built To Fall

08.Caustic Are The Ties That Bind

09.A Skyline's Severance

10.Forsake Not The Dream

11.Chaos Reigns

12.Of All These Yesterdays

13.Leaving This World Behind

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool