My Dying Bride
Evinta

2011, Peaceville Records
Classica/Ambient

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 17/09/11

L'opera messa in atto dalla band di Halifax è sicuramente ambiziosa: celebrare oltre vent'anni di carriera con un doppio disco che rilegge in chiave orchestrale le sonorità e i brani che, album dopo album, hanno conferito ai padrini del doom metal anglosassone lo status di leggenda vivente. I My Dying Bride lavorano a questo progetto esattamente da quindici anni, ma per svariati motivi “Evinta” viene pubblicato solamente nel 2011, sotto l'attenta egida della Peaceville Records (che, per accontentare anche i fan più accaniti, ha reso disponibile un'edizione deluxe rigorosamente limitata a 3000 copie contenente un terzo disco ed un booklet esteso di 64 pagine).

Per l'occasione gli alfieri delle emozioni più tetre e melanconiche che siano mai trasposte sul pentagramma musicale del metal chiamano attorno a sé un manipolo di musicisti classici, la talentuosa soprano francese Lucie Roche e il maestro della tastiera Johnny Maudling (già in forza ai symphonic black metallers Bal-Sagoth), il cui compito è quello di aiutare il sestetto nella stesura dei sontuosi arrangiamenti che in questo progetto fanno la parte del leone. I My Dying Bride, tuttavia, non si limitano a rivisitare i brani più celebri e significativi della loro discografia, ma si lanciano in un'operazione probabilmente ancor più complessa: la composizione di nove canzoni nuove di zecca (quindici per chi acquistasse l'edizione deluxe) che rielaborano diversi motivi e passaggi musicali dagli innumerevoli capolavori della formazione.

Nonostante la strumentazione metal sia stata completamente messe da parte, lo spirito romantico e decadente di Aaron Stainthorpe e soci (vicini nello spirito alle opere poetiche di autori quali Percy Bysshe Shelley, Lord Byron e William Blake) non viene affatto a mancare, ma viene addirittura esaltato da un comparto orchestrale che, senza scadere in inutili orpelli sinfonici (elemento comune a parecchie formazioni metal contemporanee) dona nuova linfa vitale alle melodie della Sposa Morente, che in questa veste suonano, laddove possibile, ancora più tristi e dolorose. Per forza di cose, non è tutto oro quel che luccica; in alcuni momenti – da parte nostra è doveroso ammetterlo – sarà necessario per l'ascoltatore calarsi in un profondo mood introspettivo, altrimenti “Evinta” correrà il serio serio rischio di essere tacciato come un album noioso (in realtà si tratta di un'opera iper-complessa che non può e non deve essere liquidata dopo un solo ascolto).

Chissà, forse perderete la testa per quei momenti di pura inquietudine che fanno capolino tra elegiaci pianoforti e sezioni d'archi, grazie ad un lavoro di tastiera che chiama in causa la musica ambient e le colonne sonore d'autore... Questo, per chi scrive, è il vero valore aggiunto di un'opera di difficile ascolto, talvolta prolissa e discontinua, ma indubbiamente affascinante e consigliata ad ogni estimatore della gloriosa formazione dello Yorkshire, chiamato a togliere il velo macchiato di sangue della Sposa e scoprire, una volta tanto, che il suo volto pallido e rassegnato può assumere nuove, desolanti espressioni...





Evinta I:

01. In Your Dark Pavilion
02. You Are Not The One Who Loves Me
03. Of Lilies Bent With Tears
04. The Distance, Busy With Shadows
05. Of Sorry Eyes In March

Evinta II:

01. Vanité Triomphante
02. That Dress And Summer Skin
03. And Then You Go
04. A Hand Of Awful Rewards

Evinta III:

01. The Music Of Flesh
02. Seven Times She Wept
03. The Burning Coast Of Regnum Italicum
04. She Heard My Body Dying
05. And All Their Joy Was Drowned

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