Evanescence
Fallen

2003, Wind-Up Records
Gothic

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 12/09/11

We've all fallen, but at the same time we're not broken. There is the hint that we are going to get up again.” (Amy Lee)

Cadere a terra e rialzarsi. Nella vita di ogni essere umano arriva un momento particolare nel quale tutto ciò che lo circonda sembra confondersi in un massa informe di emozioni negative pronte ad abbatterlo. Colpo dopo colpo. Una lotta estenuante e disperata contro l'oscurità, contro le lacrime, contro il dolore. Un tunnel in fondo al quale ritrovare, alla fine di un tortuoso percorso viatico, la luce, la speranza, la fiducia in se stessi... Per un'intera generazione di adolescenti, “Fallen” rappresentò esattamente questo. Nei suoi testi toccanti, nella sue melodie malinconiche, nelle sue atmosfere gotiche e fantasmagoriche, milioni e milioni di ascoltatori hanno scorto il riflesso del tormento della propria anima e trovato l'arma migliore per sconfiggere le proprie paure: la musica. L'album d'esordio degli americani Evanescence, quindi, non fu solamente un caso discografico o una meteora dimenticata nel giro di qualche stagione, ma un vero e proprio cult generazionale che ancor oggi riesce a far parlare di sé. Ma prima di addentrarci nella musica “Fallen”, torniamo un attimo indietro nel tempo...

La creatura Evanescence nasce attorno alla metà degli anni '90 nella cittadina di Little Rock in Arkansas, in seguito all'incontro tra i fondatori Amy Lee e Ben Moody avvenuto durante un campo estivo. Il duo comincia a farsi conoscere nell'underground locale e nel giro di qualche anno adotta l'attuale monicker e compone alcune tracce, tra cui la celeberrima “My Immortal”. Durante un concerto del 1998 viene distribuito un EP omonimo a tiratura limitatissima, al quale segue l'EP “Sound Asleep”, pubblicato nell'agosto del 1999. L'anno successivo David Hodges si unisce alla band (se ne andrà alla fine del 2002, a pochi mesi dalla pubblicazione di “Fallen”), che raccoglie il meglio della propria produzione e incide il suo primo vero album, “Origin”, distribuito in sole 2500 copie dalla Bigwig Enterprises. Al giorno d'oggi la stessa Amy Lee non considera questa release un vero e proprio disco della band, ma una raccolta di demo incisi alla bell'e meglio per far conoscere la musica degli Evanescence alle case discografiche. Resta il fatto che in “Origin” già si scorgono i tratti distintivi di quello che diventerà il sound del gruppo: l'interpretazione drammatica di Amy Lee, lo stile compositivo di Ben Moody, semplice ma efficace, l'impronta gothic degli arrangiamenti, i testi eternamente sospesi tra speranza e rassegnazione... È proprio questo album, inoltre, ad attirare l'attenzione della Wind-Up Records, che scrittura la band per incidere l'opera discografica che proietterà i Nostri nell'Olimpo della musica che conta e cambierà per sempre le sorti della scena rock/metal al femminile.

Partiamo dal presupposto che dietro al successo planetario di “Fallen” (che negli anni è riuscito a vendere circa venti milioni di copie) c'è un dispiegamento di forze dalle dimensioni colossali. La Wind-Up Records, supportata nell'operazione di lancio dalla distribuzione della Sony Music, non lascia proprio nulla al caso. Oltre ad affittare i prestigiosi Ocean Studios (Burbank) e Conway Recording Studios (Hollywood), ad assoldare il produttore Dave Fortman (
Mudvayne, 12 Stones, Otep) e il compositore David Campbell (il quale si occuperà della scrittura delle partiture orchestrali) per dare man forte alla squadra nella realizzazione dell'album, la label americana decide di cavalcare il trend dei film ispirati ai supereroi della Marvel e nel febbraio del 2003 include le future hit “Bring Me To Life” e “My Immortal” nella colonna sonora di “Daredevil”. Con la prima di queste canzoni gli Evanescence trovano il perfetto equilibrio tra le atmosfere gothic che nel vecchio continente fecero la fortuna di Lacuna Coil e Within Temptation e il nu metal infarcito di tastiere dei connazionali Linkin Park. Le radio di tutto il mondo fanno a gara per trasmettere il singolo del momento: da questo preciso istante ha inizio la scalata al successo della formazione americana. Un mese dopo, “Fallen” viene esposto su tutti gli scaffali dei negozi di musica; il resto è ormai storia...

Sembra superfluo sottolineare come un successo discografico annunciato debba essere curato nel minimo dettaglio, ma è giusto ricordare che, da un punto di vista squisitamente radiofonico, il debut album degli Evanescence non fa la minima piega, e questo è sicuramente uno dei numerosi motivi del suo incredibile successo. Nonostante all'epoca il gothic metal con voce femminile non fosse ancora un genere mainstream propriamente detto, la squadra capitanata da Amy Lee e Ben Moody riesce a trasformarlo in una proposta ibrida e appetibile al grande pubblico, grazie soprattutto al carisma di Amy Lee e alla sua intrigante immagine di dark lady. La forza degli Evanescence, tuttavia, non sta soltanto nella forma e nell'apparenza, ma anche (e soprattutto) nella sostanza e nella solidità delle loro composizioni.


L'album si apre con “Going Under” (successivamente scelta come secondo singolo), traccia sostenuta da un solido riff simil-nu metal e dalla voce ipnotica di Amy, che si lancia in un'interpretazione da brividi (“
50 thousand tears I've cried / Screaming, deceiving and bleeding for you / And you still won't hear me”), sostenuta dagli inquietanti inquietanti rintocchi del pianoforte e da un efficace assolo di chitarra ad opera del compagno di squadra. E se “Bring Me To Life” cede il passo a sonorità un po' meno ricercate, la potenza delle sue melodie, dei suoi ritmi sincopati e del suo ritornello (in cui compare la voce di Paul McCoy dei 12 Stones) non lascia alcuna via di scampo. La famosa hit sfuma su un lungo acuto di Amy e ci conduce per mano verso l'arpeggio di chitarra che, accompagnato dalle voci del Millennium Choir, introduce “Everybody's Fool”, un brano egualmente diviso tra atmosfera e pesantezza in cui Amy si scaglia contro l'immagine falsa e fuorviante delle starlette del pop americano. Giusto il tempo di sciogliersi sulle note di “My Immortal”, ballad per pianoforte dai toni eterei e drammatici che fluttua delicatamente su un effluvio di vocals malinconiche (“When you cried I’d wipe away all of your tears / When you’d scream I’d fight away all of your fears / And I’ve held your hand through all of these years / But you still have all of me”) e sugli arrangiamenti orchestrali curati personalmente da un certo Graeme Revell, invero un po' troppo scontati e melensi per gli standard dell'album (Campbell svolge un lavoro sicuramente più attento e raffinato sugli altri brani), tanto che la stessa band reinciderà la propria versione del brano (con l'aggiunta di chitarre, basso e batteria) in occasione dell'uscita del singolo. “Haunted”, frutto della fantasia allucinata di Moody, rappresenta - insieme a “Whisper” - l'apice gotico del disco: tra riff ossessivi, spettrali arrangiamenti elettronici, linee vocali cupe e spaurite, il brano si precipita frenetico verso un assolo lancinante e un finale di pura disperazione affidato all'incedere macabro del coro e all'ottima interpretazione di Amy. Il risultato finale lascia senza fiato.

Con “Tourniquet” gli Evanescence rivisitano un vecchio demo scritto dal batterista Rocky Gray per la death metal band Soul Embraced e ci offrono la loro personale riflessione sul tema del suicidio. Il brano, seppur intelligentemente diviso tra la carica delle chitarre e l'atmosfera malata ricreata dall'elettronica, non riesce a toccare le vette espressive del pezzo precedente. “Tourniquet” ha tuttavia il pregio di introdurre “Imaginary”, uno degli apici emotivi del disco, con il suo delicato outro affidato ad un bellissimo crescendo d'archi. Grazie a questo brano, Amy ci porta con sé nel suo mondo immaginario, fatto di “campi di fiori di carta e dolci nuvole che cantano ninnananne”, mentre il pianoforte e la chitarra si uniscono in un duetto che attanaglia il cuore. Con “Taking Over Me” gli Evanescence cantano di ossessioni ed amori impossibili, costruendo una bella linea vocale sulle progressioni del pianoforte e i riff di Ben Moody. Gli archi distillano pura malinconia sull'ultima ripresa del ritornello, mentre una lunga nota di chitarra fa sfumare il brano nel silenzio. “Hello” è l'episodio più intimo di tutto il disco e, con buona probabilità, di tutta la carriera dei Nostri. Dedicato alla sorellina morta all'età di soli tre anni, il pezzo è una delicata ballad per pianoforte in cui Amy regala all'ascoltatore i frammenti del proprio cuore, sparsi sul funereo assolo del violoncello e su una linea vocale che vi lascerà col cuore in gola (“Playground school bell rings again / Rain clouds come to play again / Has no one told you she’s not breathing? / Hello I’m your mind giving you someone to talk to / Hello”). Per l'intensità e il particolare significato del pezzo, questo non verrà mai suonato dalla band durante i propri concerti. “My Last Breath” rielabora sonorità già ascoltate in altri pezzi in chiave sognante e romantica, aiutata da un testo particolarmente poetico e ispirato (“I’ll miss the winter / A world of fragile things / Look for me in the white forest / Hiding in a hollow tree (come find me)”), poco prima di chiudere in bellezza con “Whisper”, emblema della disperazione e dell'iconografia oscura degli Evanescence, che per l'occasione strizzano l'occhio al gothic metal più cupo, tra sezioni ritmiche sostenute, maestosi cori in latino e orchestrazioni apocalittiche.

Come dicevamo in partenza, queste undici canzoni hanno conquistato il cuore di milioni di fan, proprio grazie al loro essere così vicine alle paure, ai dolori e ai sentimenti che, almeno una volta nella vita, hanno toccato chiunque... Ma il polverone sollevato da questo cult generazionale non si limita all'attaccamento incondizionato dei propri fan: “Fallen” ha cambiato per sempre le sorti della scena rock/metal al femminile, che dal 2004 in avanti si mobilita in massa cercando di raggiungere il successo del suddetto disco, purtroppo senza mai riuscire nell'impresa. È innegabile, tuttavia, che l'ascesa degli Evanescence abbia fatto da trampolino di lancio al successo internazionale di formazioni quali Lacuna Coil, Nightwish e Within Temptation, fino all'epoca conosciute in ambienti esclusivamente metal ed estranei alle più becere logiche commerciali.

Per questi e tanti altri motivi (molti dei quali, probabilmente, sono personali e racchiusi nel cuore di tutti coloro che hanno amato questo album alla follia), “Fallen” rimane il capitolo più significativo ed emozionante della discografia di Amy Lee e soci, ma anche uno dei tasselli più importanti per capire l'evoluzione di un certo tipo di musica (che potrete definire “gothic” o come più vi piace, la sostanza dei fatti non cambierà) e di un certo modo, tipicamente tardo-adolescenziale, di relazionarsi al proprio io in chiave musicale a partire dagli anni 2000 in avanti.





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