Ladytron
Gravity The Seducer

2011, Nettwerk
New Wave

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 24/09/11

Quinto inciso in studio per i Ladytron, conturbante ed affascinante quartetto di Liverpool che, con questo “Gravity The Seducer”, si affaccia sul suo nuovo decennio di attività musicale al termine della celebrazione della scorsa decade di attività realizzata con il greatest hits “Best Of Ladytron: 00-10”.

La band dichiara che, con questa nuova fatica discografica, si è focalizzata molto in studio di registrazione e che, a differenza dell’ultimo inciso di inediti “Velocifero”, l’opera è stata studiata senza pensare forzatamente alla performance live e all’impatto delle canzoni, ma focalizzandosi, invece, su una nuova evoluzione sonora, in una ricerca di perfezione ed intimità. Negli effetti, queste parole trovano riscontro all’interno del lavoro, poiché “Gravity The Seducer” presenta, quasi in egual misura, una smaccata fascinazione pop ‘70s ed un cosmico senso di elettronica intergalattica, tutto ad impreziosire la classica new wave ottantiana di cui questo quartetto è uno splendido esponente. Quindi, è naturale risentire le melodie Abba stemperate meravigliosamente nella glacialità dei synth del primo singolo “White Elephant” o, ancora, perdersi nella lieve, suadente e soffice tastiera di “Mirage”, prima di essere trasportati nello spazio dapprima da un omaggio alla più torbida Kylie Minogue (“Moon Palace”), poi da un blues lanciato su altezze vertiginose (“Altitude Blues”, brano che viene perfettamente spiegato nel titolo). Ancora, vi sono lievi ed inedite perturbazioni industrial ad agitare ballad in falsetto (“Ambulances”) e luminosissimi sintetizzatori che abbagliano su intermezzi strumentali di sicuro fascino (“Transparent Days”).

Per quanto il registro sonoro, così descritto, appaia fresco e vitale, non si possono, a questo punto, tacere alcuni problemi che impediscono a questa “gravità” di essere una “perfetta seduttrice”. Innanzitutto, i flebili sussurri di Mira ed Helen, per quanto al solito perfetti, non riescono a corrispondere, con la loro monotonalità, alle alte ambizioni dell’opera, appiattendo canzoni che paiono voler esplodere, salvo poi non riuscirci, impegnate nell’inseguimento delle linee vocali. Secondariamente, queste ambizioni, per quanto visibili all’interno delle varie composizioni, non sono preponderanti sullo spirito originario della band, per cui alla fine non siamo al cospetto di un’opera retro-indie come va tanto per la maggiore oggigiorno (stile Lykke Li, per intenderci), quanto ad un (solito) disco classicamente new wave, elegante e stoico nel suo incidere monocromatico occasionalmente “macchiato” da interessanti variazioni sul tema.

Certamente, i fan dei Ladytron saranno ampiamente soddisfatti da un’opera che, è bene ribadirlo, risulta assai gradevole nel suo svolgimento e, a tratti, autenticamente travolgente. Tuttavia, da questi ragazzi era forse lecito aspettarsi di più in questo frangente della loro carriera. Aspetto con fiducia, quindi, una prossima opera pregna di autentico coraggio e folgorante ispirazione, certo di non essere deluso. Al massimo, se andrà male, ci si accontenterà, proprio come succede in questa occasione. In ogni caso è bene ribadire che si tratta di un bell’accontentarsi.



01. White Elephant
02. Mirage
03. White Gold
04. Ace of Hz
05. Ritual
06. Moon Palace
07. Altitude Blues
08. Ambulances
09. Melting Ice
10. Transparent Days
11. 90 Degrees
12. Aces High

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