Mastodon
The Hunter

2011, Roadrunner Records
Prog Rock

I Mastodon cambiano pelle e vincono, di nuovo!
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 25/09/11

Se non ci fossero i Mastodon, bisognerebbe inventarli. Troppo grande il contributo musicale della band di Atlanta dal 2002 ad oggi per poterli ignorare, da quel cavallo imbizzarrito di “Remission”, i nostri hanno saputo costruire una carriera fatta di album sempre impeccabili e originali, in una continua trasformazione che ha reso il sound dei Mastodon una creatura in continuo divenire, senza mai rinnegare le proprie origini e il proprio stile, semplicemente arricchendo e variando la propria proposta musicale, rimanendo sempre inequivocabilmente Mastodon.

Il quinto album in carriera, “The Hunter”, segue fedelmente la linea presentandoci un full-length nuovo di zecca, che rispecchia l'ennesima trasformazione degli americani. Arrivati a questo punto dopo l'enorme e meritato successo di “Crack The Skye”, i nostri voltano pagina, passando dal disco più contemplativo ed etereo della discografia, a quello che (almeno fino ad oggi) è il lavoro più immediato e apparentemente fruibile dei Mastodon. Sembra infatti che dopo aver esplorato per anni la frenesia e la complessità della propria musica, con “The Hunter”, Hinds e compagni hanno preferito un approccio più semplice e diretto, smorzando leggermente la prepotenza tecnica in seno alla band, facendo affiorare maggiormente il feeling delle composizioni.

Non sorprende che la band abbia definito “The Hunter” come il disco più diverte da realizzare,(benchè il titolo sia nato dopo la morte del fratello di Hinds durante una battuta di caccia), quasi una liberazione dopo un album incredibilmente strutturato e “pesante” come “Crack The Skye”. La sensazione che i ragazzi si siano lasciati andare liberamente durante la scrittura traspare in maniera netta durante l'ascolto, con una scaletta non più coesa e ideologicamente legata come in passato. “The Hunter” infatti è il primo non concept album dai tempi del debutto, il che per musicisti fantasiosi e ispirati come i Mastodon, significa una sorta di carta bianca su cui riversare la solita mole di idee senza costruirvi un filo conduttore. Già questo potrebbe essere uno degli elementi più spiazzanti per gli integralisti della band, se non fosse che di motivi per aizzare furenti discussioni, i Mastodon ne offrono di altri molto più importanti.

Dimenticatevi infatti il prog di “Crack the Skye”, la frenesia di “Remission” e “Leviathan”, la complessità di “Blood Mountains”, dimenticatevi il metal in senso stretto e le voci urlate. “The Hunter” sposa smaccatamente la pista della “semplicità”, ammicca al radio friendly, semplifica le strutture, tiene a bada i virtuosismi, si addentra totalmente nel territorio del cantato pulito e melodico. Come disse il batterista Brann Dailor, “The Hunter” è davvero qualcosa che si avvicina a un “super-heavy Led Zeppelin”, spingendo la band verso sonorità mai così accomodanti e lineari. Una bella doccia gelata dunque, perchè sia che ci si aspettasse un'estremizzazione del sound di “Crack the Skye”, o un ritorno alla potenza dei primi anni di carriera, si rimane un po' increduli durante i primi passaggi di “The Hunter”.

Eppure come un pugile che lavora ai fianchi, una volta assimilato meglio il disco, cominciano ad affiorare i particolari e a poco a poco non si fa alcuna fatica a canticchiare i tanti bellissimi ritornelli o tenere i ritmi incalzanti con qualsiasi cosa si abbia tra le mani. Questo perchè nonostante una virata importante verso lidi rock (con abbondanti pennellate stoner), il feeling dei Mastodon fa comunque capolino, riuscendo a scorgere in un sound rinnovato, gran parte della caratteristiche che hanno reso unici i nostri. Nonostante la ricerca della semplicità, le due asce Hinds/Kelliher si dimostrano dei “riff masters” assoluti, con quella ricercatezza che ormai tutti gli riconoscono, non facendosi mancare passaggi sludge, sferzate di violenza (sempre tenuta a bada), influenze southern, afflati prog o aperture spaziali ed eteree. A poco a poco ci si accorge del grande lavoro dietro ogni brano, la cura negli arrangiamenti, la ricerca di melodie non così immediate, il sentimento che pervade le diverse tracce più riflessive, con refrain dalla bellezza purissima, o la spensieratezza degli estratti più frizzanti.

Un lavoro molto solido, in cui forse mancano hit vere e proprie, di quelle che da subito si dimostrano come capolavori, non ci sono attacchi come “Aqua Dementia”, “Circle of Cysquatch” (giusto per citarne due) o episodi epici come “The Last Baron”, l'album fa forza più sul feeling che su prestazioni eccezionali. Rimane un grosso punto interrogativo sulle prove vocali del terzetto Hinds, Sanders e Dailor (al batterista è stato dato grande spazio a questa tornata), buone in studio di registrazione, ma da sempre zoppicanti in sede live. A questo punto la curiosità di sentire “The Hunter” live è davvero tanta, sperando che i nostri si concentrino di più sul cantato, altrimenti i risultati in concerto potrebbero essere davvero deludenti. Ma si sa, i Mastodon sono musicisti che all'occorrenza sono “costretti” a cantare e la scelta di ricorrere al pulito non gliel'ha imposta nessuno, a loro rischio e pericolo. Non il capolavoro che tutti si aspettano a ogni nuova uscita, ma un'opera che ne decreta la grandezza, questo è “The Hunter”, forte di una produzione strepitosa ad opera di Mike Helizondo (produttore di estrazione hip hop) e di una qualità sempre altissima. Certo, se siete dei fan arrabbiati alla ricerca dei Mastodon che furono, tutta violenza e grugniti, rimarrete del tutto delusi... Un consiglio, guardate oltre il vostro naso, è ora!



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