The Black Dahlia Murder
Ritual

2011, Metal Blade Records
Death Metal

Recensione di Lorenzo Brignoli - Pubblicata in data: 28/09/11

Ogni due anni, puntuali come un orologio svizzero, gli americani The Black Dahlia Murder se ne escono con un nuovo disco, e per la quinta volta su cinque è la connazionale Metal Blade l’etichetta che pubblica l’album. “Quanta monotonia in queste due righe, speriamo anche l’album non sia così”, questo potrebbe essere il pensiero di chi si sta per apprestare al primo ascolto di “Ritual”, ed in realtà non è che il quintetto del Michigan ci abbia abituato a chissà che cambiamenti, nella sua storia ormai decennale, essendo lo stile dei nostri sempre rimasto nei dintorni un’interessante rielaborazione di thrash e death metal, senza disdegnare però un certa inclinazione per la melodia nel riffing.

Dal canto mio non erano troppo alte le aspettative per quest’ultimo full length dei nostri, più che altro la speranza era quella di poter ascoltare un lavoro ben fatto, che potesse durare nel lettore più del solito, e perché no, magari con qualche novità qua e là; questo perché pur essendo consapevoli dei limiti del gruppo da un punto di vista “evolutivo” allo stesso tempo non si possono negare della capacità degli stessi musicisti di comporre canzoni di ottima fattura. Ma veniamo al dunque: “Ritual” com’è? Manco a dirlo è un disco per cui l’aggettivo più calzante è “onesto” e che tra le sue dodici tracce ne cela alcune davvero ben fatte. Validi esempi possono essere la conclusiva “Blood In The Ink”, in cui il riffing tipico dei The Black Dahlia Murder si intreccia benissimo con gli archi in sotto fondo, dando un tocco drammatico al tutto, oppure “Moonlight Equilibrium”, decisamente più classica e consona agli standard del gruppo ma senza dubbio trascinante nel suo incedere.

Ovviamente non ci sono solo rose e fiori per questo lavoro degli americani: difatti chi li conosce sa perfettamente che pur essendosi in qualche modo evoluti dai tempi di “Unhallowed” e “Miasma” verso territori più vicini al melodic death, ogni album dei nostri è caratterizzato da poca varietà al suo interno; quest’ultimo parto non fa eccezione a questa descrizione e non basta la sopracitata “Blood In The Ink” ad evitare che questo platter suoni un po’ troppo monolitico alle orecchie dell’ascoltatore, d’altro canto non troviamo nemmeno molte differenze tra esso e i lavori precedenti, in particolare “Nocturnal” e “Deflorate”. Non fraintendetemi, l’album non è noioso, fortunatamente come detto alcune tracce sono di ottimo livello, e riescono a far raggiungere una sufficienza abbondante a “Ritual”, ma niente di più.

Per concludere si può dire che, come altre realtà di questo genere (penso ai Darkest Hour o agli Unearth) i The Black Dahlia Murder fondamentalmente dimostrano di non voler rischiare: allora a questo punto potremmo chiederci: “ma questo nasce dalla voglia di rimanere coerenti, dalla paura di cambiare oppure solo dall’incapacità di farlo?” Ai posteri l’ardua sentenza, ma purtroppo, ultimamente, questo  è quello che passa il “convento melodic death”. Insomma, se questi ragazzi del Michigan non vi piacevano prima questo disco non vi farà cambiare idea, altrimenti per un bel po’ di tempo girerà nel vostro stereo, in altre parole, come si dice in gergo: fans only.





01. A Shrine To Madness

02. Moonlight Equilibrium

03. On Stirring Seas Of Salted Blood

04. Conspiring With The Damned

05. The Window

06. Carbonized In Cruciform    

07. Den Of The Picquerist

08. Malenchanments Of The Necrosphere

09. The Grave Robber’s Work

10. The Raven

11. Great Burning Nullifier

12. Blood In The Ink

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool