We Came As Romans
Understanding What We've Grown To Be

2011, Nuclear Blast
Metalcore

Recensione di Lorenzo Zingaretti - Pubblicata in data: 22/10/11

Ormai è ufficiale, gli Underoath hanno fatto parecchi danni. Certo, si tratta di una cosa inconsapevole da parte della band della Florida (anche perché altrimenti si tornerebbe a quei ridicoli discorsi di qualche anno fa, quando i metallari più convinti incolpavano i Pantera per la proliferazione dei gruppi nu metal alla fine degli anni ’90), ma è innegabile che il successo del post-hardcore moderno (che vede appunto tra i portabandiera proprio gli Underoath), abbia tolto i freni alle schiere di followers, portando a risultati, nella maggior parte dei casi, discutibili. Questo è anche il caso dei qui recensiti We Came As Romans, nuovi pupilli della Nuclear Blast, che propongono niente di più del più classico mix tra metalcore e ritornelli melodici,  infarcendo il tutto con dosi di elettronica e tastiere, e che arrivano quest’anno al secondo album, intitolato “Understanding What We’ve Grown To Be”.

La partenza, riservata al primo singolo “Mis//Understanding”, è promettente: la voce in scream introduce il potente riff di chitarra, accompagnato da una sezione ritmica compatta, nella migliore tradizione metalcore. Ma l’illusione dura poco, giusto il tempo di una strofa, dato che si arriva ben presto al ritornello, cantato in clean, con una voce che definire irritante è poco. Infarcita di effetti, corretta dal famigerato auto-tune, persino sgradevole nel timbro (alta, squillante, la definizione migliore può essere “post-adolescenziale”), quella di Kyle Pavone è la tipica ugola di chi dal vivo può andare incontro a figure davvero misere. Il problema poi è che questi ritornelli ritornano costantemente per tutta la durata dell’album, quindi nelle idee dei We Came As Romans avrebbero dovuto essere la chiave d’accesso alla loro musica, il cosiddetto punto forte: beh, personalmente ritengo che si tratti invece del difetto peggiore del disco, capace di rovinare quanto di buono (non molto, per la verità) la band costruisce nei pezzi, tra riff appena discreti e, questa sì, una voce urlata che convince senza strafare. La produzione pompatissima poi, invece di dare quella marcia in più, si rivela un altro buco nell’acqua visto che rende il suono troppo “pesante”, quasi innaturale, con il basso disperso nel missaggio e le chitarre che sembrano finte.

Come si sarà intuito, l’album ha una struttura piuttosto ripetitiva, e a poco servono i rari stacchi di chitarra arpeggiata o gli accompagnamenti di tastiera ed effetti elettronici: tutto sa di già sentito, non solo all’interno dello stesso disco ma anche estendendo il discorso ad altri gruppi metalcore e post-hardcore. D’altronde il riferimento agli Underoath, nell’introduzione della recensione, non è assolutamente casuale, soltanto che loro (ed altri gruppi della stessa ondata) sanno cosa ci vuole per realizzare un lavoro degno di questo nome, sanno reinventarsi e dare una certa profondità alla musica che propongono. I We Came As Romans invece non l’hanno ancora capito e si limitano a riproporre cose già sentite, per di più rendendo il tutto ancora peggiore con canzoni troppo simili e quei ritornelli così fastidiosi.

Ora, alla Nuclear Blast di sicuro conoscono il mercato musicale meglio di me, e avranno pensato ai We Came As Romans come alla classica gallina dalle uova d’oro, per far leva sugli ascoltatori più giovani e sui fedelissimi del genere. No, perché altrimenti non saprei come spiegare l’interesse della label teutonica per questa band… gente, stiamo o no parlando della stessa etichetta che ha prodotto, a mero titolo di esempio, un certo “The Sound Of Perseverance”?





01. Mis//Understanding

02. Everything As Planned

03. What I Wished I Never Had

04. Cast The First Stone

05. The Way That We Have Been

06. A War Inside

07. Stay Inspired

08. Just Keep Breathing

09. Views That Never Cease, To Keep Me From Myself

10. What My Heart Held

11. I Can't Make Your Decisions For You

12. Understanding What We've Grown To Be

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