Autumn
Cold Comfort

2011, Metal Blade Records
Prog Rock

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 04/11/11

Il connubio tra la musica rock dell'Olanda e le sue graziose voci femminili ci ha quasi sempre regalato realtà artistiche di alto livello, talvolta addirittura folgoranti (basti pensare a quanto è cresciuto l'interesse attorno alla scena symphonic e gothic metal del paese dei mulini a vento dalla seconda metà degli anni 90 fino ai giorni nostri e a quante band olandesi hanno scritto la storia del genere). Gli Autumn, dopo il classico “esordio in sordina”, si sono imposti a livello internazionale come una delle promesse più interessanti degli ultimi tempi, impressione confermata da due full length di ottima fattura (“My New Time” e “Altitude”) e da un esteso tour europeo in compagnia dei veterani The Gathering che ha fruttato al sestetto un discreto successo sul fronte live. Il nuovo “Cold Comfort” offre alla band l'occasione per confermare quanto di buono fatto finora e di mostrare al mondo intero le capacità di Marjan Welman, giovane vocalist entrata in formazione da soli tre anni, ma già autrice di una performance toccante e degna di lode sul disco precedente. Tuttavia, chi aveva riposto nella quinta fatica discografica dei Nostri la speranza di poter ascoltare un autentico capolavoro, molto probabilmente, si troverà costretto a ricredersi, poiché in casa Autumn, in questo freddo novembre, tira un'aria decisamente diversa rispetto a qualche anno fa...

Laddove “Altitude” ci aveva fatti volare in alto, fino a toccare con un dito un cielo grigio e nuvoloso ma carico di speranza, “Cold Comfort” ci costringe a ritirarci tra le fredde mura di un ospedale abbandonato, incastonato in un desolato scenario autunnale. La stanza in cui ci ritroviamo è fredda, gravida di tristezza. Un solo, flebile raggio di luce oltrepassa il vetro che ci separa dal mondo esterno. A farci compagnia in questa clausura forzata non è più il rock energico e ricco di sfumature di “Altitude”, ma un derivato del sound dei vecchi tempi che ha scelto di pescare a piene mani nella tradizione del prog più atmosferico ed elegante tanto cara agli inglesi Porcupine Tree (per citare uno dei riferimenti più lampanti). Con “Cold Comfort” gli Autumn optano per una sterzata decisa in favore della loro componente più intima e riflessiva, regalandoci un lotto di nove canzoni che in ben poche occasioni lascia spazio ad improvvise quanto necessarie accelerate. Le melodie e gli arrangiamenti subiscono la stessa, inaspettata metamorfosi e, anziché esaltare, scuotere e commuovere l'ascoltatore com'erano soliti fare, lo cullano in un limbo di note impalpabili, quasi assuefatte dal mood introverso dell'album.


A fare da collante, ovviamente, troviamo le chitarre dei fratelli Jens e Mats van der Valk (infatuati delle accordature più basse e spesso inclini a flirtare con sonorità stoner), il basso vellutato di Jerome Vrielink e la batteria avvolgente di Jan Grijpstra, che si danno man forte nella ricerca di un sound personale che descriva la nuova anima degli Autumn senza tagliare i ponti con l'eredità del passato. Le tastiere di Jan Munnik intervengono laddove necessario per saturare i passaggi salienti del full length con la loro romantica atmosfera, aiutati dal timbro caldo e vibrante di Marjan, come sempre autrice di una prova sopra le righe e ben lontana dagli standard esageratamente barocchi di numerose colleghe. La voce di questa ragazza racchiude in sé un mondo meraviglioso di immagini e sensazioni e, credetemi, parecchie band farebbero a gara per avere tra le proprie fila una voce così pura ed emozionante.

Ma passiamo alle canzoni vere e proprie. Se, negli intenti, la rivoluzione che vi abbiamo descritto avrebbe dovuto portare i Nostri al concepimento del fratello maturo di “Altitude” (nel quale già s'intravedeva una forte componente atmosferica), nei fatti essa si traduce nel classico “passo più lungo della gamba”. Agli Autumn, sia chiaro, non manca veramente nulla per far scorrere brividi di pura emozione sulla schiena dei propri fan - lo dimostrano l'eterea opener “The Scarecrow”, con i suoi saliscendi strumentali sui quali è un piacere abbandonarsi, e “Alloy”, un ricercato esempio di malinconia trasposta sul pentagramma dove soffiano i venti progressivi della terra d'Albione - ma è evidente che, nel difficile tentativo di comporre la propria opera magna qualcosa è andato inesorabilmente perso. Stiamo parlando di quell'appeal radiofonico, di quel sound sfaccettato, di quel songwriting versatile ed imprevedibile, di quei crescendo strumentali carichi di emozione... Elementi per i quali gli Autumn hanno saputo distinguersi e che oggi hanno disperso le proprie tracce in favore di nove canzoni indubbiamente gradevoli, che tuttavia si chiudono a riccio senza permetterci di scorgere il tanto sospirato lampo di genio. Quanto è difficile esaltarsi per pezzi tremendamente criptici e insidiosi come la titletrack e “Retrospect” o per la banalità travestita di genio di una “Truth Be Told (Exhale)” e non rimpiangere amaramente le care vecchie “Blue Wine”, “Satellites”, “Synchro-Minds” e chi più ne ha, più ne metta...

“Cold Comfort” è un album che, a distanza di ripetuti ascolti, fatica a decollare oltre una sufficienza piena. La band merita una sincera lode per il coraggio di osare e per la manciata di episodi veramente azzeccati (tra i quali annoveriamo, oltre alle due tracce già citate, la dolce “End Of Sorrow”, che viaggia sui binari del pathos e della speranza, la sognante "Black Stars In A Blue Sky" e la conclusione dolceamara di “The Venamoured”), ma la valutazione che vedete qua sotto risente notevolmente delle lacune nei quali i Nostri, forse involontariamente, sono incappati e di quel talento strabiliante che, per il momento, è rimasto rinchiuso tra le fredde mura di una stanza dimenticata dal tempo, in attesa di essere risvegliato...



01. The Scarecrow
02. Cold Comfort
03. Black Stars In A Blue Sky
04. Retrospect
05. Alloy
06. End Of Sorrow
07. Naeon
08. Truth Be Told (Exhale)
09. The Venamoured

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