Pensavate di averle viste tutte in ambito metal? Pensavate che dopo il film score metal dei Rhapsody Of Fire e il symphonic black metal dei Dimmu Borgir non ci sarebbero state altre forme di derivazione musicale? Beh, vi sbagliavate di grosso. I Fallstaf, giovane band canadese, hanno deciso di mettersi in gioco e di dare il tutto per tutto con questa folle e strampalata idea di inserire nel proprio sound, prettamente hardcore punk-crossover, i tromboni, definendo così il proprio genere brass metal, o più volgarmente trombone metal (ad essere onesti già i Satyricon avevano effettuato un concerto supportati interamente da un'orchestra di soli ottoni).
L’idea è certamente bizzarra e mai intrapresa seriamente, ma il gioco varrà la candela? Il combo canadese sarà riuscito nell’encomiabile impresa di sfondare con questo nuovo genere? Ve lo dico io: no. “Bastard Sons of a Pure Breed” consta di undici tracce che purtroppo risultano eccessivamente scontate, banali e repetitive all’inverosimile. Lo scream (che poi scream non è, ma si avvicina più ad un cantato-urlato à la Corey Taylor) di Iann è sicuramente potente e aggressivo, ma non riesce a dimostrare di possedere una marcia in più rispetto a molti altri suoi colleghi. La sezione musicale non è nemmeno così malvagia ma anche quella, purtroppo, si fossilizza sui soliti due o tre riff che sulla distanza tendono ad essere previsti anche da un ascoltatore casuale (non è un caso che uno dei brani migliori del disco sia la versione acustica di “My Deamons”).
I tromboni, parliamo dei tromboni. La sensazione è quella di strumenti messi lì un po’ a casaccio, sperando che riescano a far colpo sulla moltitudine di metalheads in circolazione, sparando nel mucchio insomma. Più volte mi sono interrogato sull’effettiva utilità di questa soluzione nei brani e su quanto essa incidesse sull’economia della band, la mia risposta è stata semplice e fulminante: nulla. Solo in un paio di occasioni gli ottoni mi sono sembrati calzare a pennello e portare qualche frizzante novità, mi riferisco a “Not Welcome” e alla conclusiva “Violent As Violence Can Be”, davvero due ottimi brani hardcore che scatenerebbero il moshpit in men che non si dica.
Quello che mi è rimasto in mano dopo l’ascolto ripetuto di “Bastard Sons Of A Pure Breed” è stato un pugno di mosche, la delusione per il più classico dei buchi nell’acqua della band canadese è molta. Un uso più sapiente degli ottoni congiunto a un migliore songwriting avrebbe sicuramente giovato alla formazione d’oltreoceano che viceversa, in questa maniera, sprofonderà nel dimenticatoio in un batter di ciglio.
L’idea è certamente bizzarra e mai intrapresa seriamente, ma il gioco varrà la candela? Il combo canadese sarà riuscito nell’encomiabile impresa di sfondare con questo nuovo genere? Ve lo dico io: no. “Bastard Sons of a Pure Breed” consta di undici tracce che purtroppo risultano eccessivamente scontate, banali e repetitive all’inverosimile. Lo scream (che poi scream non è, ma si avvicina più ad un cantato-urlato à la Corey Taylor) di Iann è sicuramente potente e aggressivo, ma non riesce a dimostrare di possedere una marcia in più rispetto a molti altri suoi colleghi. La sezione musicale non è nemmeno così malvagia ma anche quella, purtroppo, si fossilizza sui soliti due o tre riff che sulla distanza tendono ad essere previsti anche da un ascoltatore casuale (non è un caso che uno dei brani migliori del disco sia la versione acustica di “My Deamons”).
I tromboni, parliamo dei tromboni. La sensazione è quella di strumenti messi lì un po’ a casaccio, sperando che riescano a far colpo sulla moltitudine di metalheads in circolazione, sparando nel mucchio insomma. Più volte mi sono interrogato sull’effettiva utilità di questa soluzione nei brani e su quanto essa incidesse sull’economia della band, la mia risposta è stata semplice e fulminante: nulla. Solo in un paio di occasioni gli ottoni mi sono sembrati calzare a pennello e portare qualche frizzante novità, mi riferisco a “Not Welcome” e alla conclusiva “Violent As Violence Can Be”, davvero due ottimi brani hardcore che scatenerebbero il moshpit in men che non si dica.
Quello che mi è rimasto in mano dopo l’ascolto ripetuto di “Bastard Sons Of A Pure Breed” è stato un pugno di mosche, la delusione per il più classico dei buchi nell’acqua della band canadese è molta. Un uso più sapiente degli ottoni congiunto a un migliore songwriting avrebbe sicuramente giovato alla formazione d’oltreoceano che viceversa, in questa maniera, sprofonderà nel dimenticatoio in un batter di ciglio.