Korn
The Path Of Totality

2011, Roadrunner Records
Nu Metal/Elettronica

I Korn incontrano il dubstep, ma i risultati non sono quelli sperati.
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 08/12/11

Il decimo album dei Korn verrà certamente ricordato come uno dei lavori più particolari dell’intera discografia dei californiani, il full-length che ha cercato in tutti i modi di ridare vitalità a una carriera in costante e progressivo declino. L’ultima occasione prima di scendere definitivamente dal carro dei vincitori?

Insomma, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca. Dopo un pallidissimo ritorno in pompa magna col precedente “Korn III: Remember Who You Are”, un lavoro che affogava nel manierismo più spicciolo, i Korn cambiano completamente registro e con il nuovo “The Path Of Totality” i nostri sono pronti a rispolverare il proprio sound dalla base. “Voglio cambiare, voglio fare cose che non mi sarei aspettato di fare”, queste e altre dichiarazioni per bocca del frontman Jonathan Davis, accompagnano un disco che lascia interdetti, che lo si apprezzi o meno. Certo, ormai è andata male col solito stile collaudato, cerchiamo di risalire la china con qualcosa che la gente non si aspetta, chissà se funziona. In sostanza potrebbe essere questa l’unica ragione per un album come “The Path Of Totality”, in cui la musica dei Korn a cui eravamo abituati incontra il dubstep, il drum and bass e l’electro house, grazie alla collaborazione di numerosi artisti di spicco in questi ambiti.

Partito inizialmente come ep, l’album ha ben presto assunto i connotati di un full vero e proprio, una vera scommessa da parte dei Korn, in quanto è certamente più facile districarsi in un numero limitato di tracce, rispetto a una tracklist di undici pezzi (tredici nell'edizione speciale). È forse questo il principale difetto di “The Path Of Totality”, un esperimento a tratti anche riuscito, ma che una volta spalmato in quarantacinque minuti circa non regge alla lunga distanza. Intendiamoci, ascoltare il brano di apertura “Chaos Lives In Everything” potrebbe essere un colpo micidiale già per molti. Il trademark dei Korn si sente eppure sono scomparse le chitarre e il basso caratteristico di Fieldy, è quasi come ritrovarsi nel sound familiare della band sotto una veste artistica completamente differente. È l’elettronica, i beat e tutte le diavolerie di artisti come Strillex, Noisia, Dowlink, Excision, ecc... a fare tutto il lavoro, insieme all’onnipresente voce di Davis, apparso certamente rinvigorito e più incisivo che in passato. Un sound a metà strada tra i club pseudo futuristici/fetish di Matrix e il tamarro portoricano da “pimp my ride”, con tanto di macchina che sballonzola sull’avantreno, con un lontano sottofondo di Korn, diversi eppure sempre uguali a se stessi. Un’associazione di idee sulla carta ardita, ma che, in mano a musicisti capaci, assume un senso e una certa musicalità, anche piacevole a tratti (specialmente quando è Strillex a metterci lo zampino). Dove è la fregatura? Che anche arrivando ad apprezzare la proposta (cosa di per sé non così facile), la ripetitività delle tracce affossa in maniera importante tutto il disco, rendendo difficile scorgere il passaggio dei vari pezzi se non si butta un occhio al lettore ogni tre/quattro minuti. Strofe e ritornelli melodici si susseguono con una sistematicità difficilmente perdonabile, incappando anche in qualche caduta evidente, vedi “Illuminati” o “Burn The Obedient” su tutte, due brani che potevano venire decisamente meglio.

La puzza di operazione commerciale si sente da distanze siderali purtroppo. Evidentemente i buoni responsi di “Get UP!”, pubblicata a maggio, avranno stimolato i Korn a procedere in questa direzione, ben sapendo dell’importante traino del trend del momento all’interno della musica elettronica. Due più due non fa sempre quattro e benché i nostri godano ancora un certo peso nella scena (“The Path Of Totality” è stato nominato, “inspiegabilmente”, miglior album rock/metal del 2011 da Revolver Magazine), questa nuova fatica non riesce a risollevare le sorti di una carriera che sta presumibilmente piazzando gli ultimi disperati colpi. Giudizio non positivo dunque, se i Korn si fossero fermati all’idea di un ep, con una selezione delle quattro/cinque canzoni migliori qui presenti, avrebbero riscosso un maggior successo, ma come dice il saggio: “chi troppo vuole, nulla stringe”. 



01. Chaos Lives In Everything

02. Kill Mercy Within

03. My Wall

04. Narcissistic Cannibal

05. Illuminati

06. Burn the Obedient

07. Sanctuary

08. Let's Go

09. Get Up!

10. Way Too Far

11. Bleeding Out

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