Metronomy
The English Riviera

2011, Because Music
Alternative Rock/Elettronica

Recensione di Alessandro Casarotti - Pubblicata in data: 16/12/11

Rilassatevi sulla seggiola di vimini, versatevi un whisky delle Highlands ben invecchiato e cominciate a sorseggiarlo guardando dalla terrazza la folla di passanti che riempie il lungomare di Brighton con le bianche scogliere in lontananza. All’orizzonte si scorgono le linee della costa di Deauville. Un flusso di ricordi delle venturose storie d’amore giovanili, delle travolgenti sensazioni ambientate al suono del mare, prende la mente.

Ecco “The English Riviera”, titletrack del nuovo album dei Metronomy che confluisce in “We Broke Free”: un crescendo che accompagna il movimento della folla attorno e il rimontar soave delle rimembranze addentro; l’animo si riscalda con l’ardente melanconia di un tempo ormai passato, sul quale rimane l’alone dorato delle sensazioni incastonate nelle profondità del cuore. Potremmo essere negli anni sessanta con “Everything Goes on my Way” (ultimo singolo estratto con Roxanne Clifford alla voce), potrebbe essere cantata fin da France Gall, per l’atmosfera d’oltremanica e il richiamo alla chanson française del periodo gaullista (come in “Corinne”). L’album, in effetti, è stato registrato tra un garage di Londra e uno di Parigi, dove la new wave elettronica francese ha potuto partecipare con un’influenza determinante (non per nulla la Francia è il paese dove hanno avuto il loro maggior successo ad inizio carriera). Con la successiva “The Look” si ritorna in terra anglosassone, ma senza spostarsi troppo dai sixties nel ritmo beat dei giochi di sguardi nei primi club londinesi, nella Baker Street di Gerry Rafferty quando attacca il solo di sax. Il continuo ripetersi di contrapposizioni tra basso, clavinet e falsetto chiariscono subito che Gbenga Adekelan (il nuovo bassista) ha contribuito al salto di qualità dei Metronomy.

La band di Joseph Mount (frontman)  si è fatta conoscere nella sua Brighton e nel panorama alternativo inglese, prima come The Upsides, poi come The Customers (quando si sono uniti al suo progetto Gabriel Stebbing e Oscar Cash), fino a quando nel 2006 cambia il proprio nome in Metronomy. Ancor più fondamentale per quest’album è stato l’incontro con Erol Alkan (dj londinese electro-punk  e produttore) che ha cominciato a remixarli a partire dal tour di “Nights Out” fino al successo internazionale del singolo “The Bay”. La traccia n°7 di “The English Riviera” ha risuonato a lungo negli ultimi sei mesi, un motivo accattivante accompagnato da un giro di basso che rende incontenibile il desiderio di muoversi a ritmo. E’ una voglia di danzare tipicamente estiva, che fa salire la tensione passionale e allo stesso tempo riempie di malinconia nel ricordo dell’amore puro, estraneo alla concezione temporale della vita, espresso nella quiete della contemplazione leopardiana della potenza naturale, in questo caso di una baia. Vorremmo che questa stagione non finisse mai. Sul finale, però, il diretto richiamo alla Parigi di Cassius risveglia di soprassalto.

Il loro essere “metronomi” passa dalla scansione ritmica dei battiti del basso che permette di spaziare attraverso vari generi compositivi, avvertendo nel contempo le influenze seventies di Fleetwood Mac, Steely Dan e Stevie Wonder. C’è il funk psichedelico di “She Wants”, dove si cerca di entrare nel sogno della ragazza protagonista della canzone, quando ritorna la paura di svegliarsi, di terminare  l’epoca dei sentimenti, di prendere coscienza che erano solo ricordi. C’è il soft rock di “Trouble” e “Loving Arm”, in accordi semplici, puliti, lasciati risuonare per intere battute. Un giusto melange di varie sonorità nella loro purezza, contaminate dagli effetti dell’elettronica contemporanea, soprattutto per riecheggiare il rombo dell’oceano.

Continuando a passeggiare per il lungomare di Brighton, che ha regalato amori e storie fuori dal tempo, si arriva fino a “Some Written”: si torna indietro alle sonorità d’inizio album, come la risacca del mare dopo l’onda, come arrivati all’apice del ricordo. Ora la marea scende e il carro d’Apollo s’eclissa sotto l’influenza notturna del Jazz. L’album si chiude con l’affermazione dell’intramontabilità dell’amore totalizzante nel battito di “Love Underlined”; il suo finale di clavicembalo coincide con la fine dell’esperienza semi-onirica del ricordo, dove la mancanza di un sentimento odierno si confonde con il desiderio di rivivere memorie per ricreare una realtà estemporanea.

"The English Riviera" è un lavoro maturo e completo, difficile da etichettare per la capacità dei Metronomy di spaziare lungo tutta la cultura musicale dagli anni sessanta ad oggi. Sicuramente uno degli album più influenti del 2011 tra la new wave che si sta diffondendo sull’asse Parigi-Londra. I quattro di Brighton non sono proprio una rivelazione, già con “Pip Paine (Pay The £5000 You Owe)” (2006) e  “Nights Out” (2008) si erano fatti notare, ma l’evoluzione qualitativa data dall’influenza dell’elettronica parigina e dall’incontro con Erol Alkan è stata determinante.  E’ un lavoro maturo e completo pure nella coscienza con la quale si è affrontata una tematica ben precisa nei suoi aspetti più intimi e filosofici, trasportandoli in un flusso omogeneo di melodie. Il “Ricordo” è descritto nella sua dicotomia di palliativo subitaneo e realtà passata, nella problematicità di sentimenti che si vorrebbero eterni ma rimangono tali solo nelle profondità dell’animo, che con un agrodolce piacere ci contaminano la mente quando risorgono assieme alla contemplazione della pace naturale. Tutto ciò per Moutt rivive nella sua Brighton, nella chic ed esclusiva riviera inglese di James Bond, e, allo stesso tempo, nell’ironia british di celebrare l’English Riviera come la più acclamata California, dove il “surf-rock” degli anni sessanta viene a contatto con l’elettronica contemporanea.





01. The English Riviera
02. We Broke Free
03. Everything Goes On My Way
04. The Look
05. She Wants
06. Trouble
07. The Bay
08. Loving Arm
09. Corinne
10. Some Written
11. Love Underlined

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