Questo album è nato attraverso molteplici sessioni di registrazione nel corso degli anni, e da qui si possono capire alcune ragioni per cui quest'album sia piuttosto prolisso, dato che presenta diciotto brani per una durata complessiva di un'ora e venti di musica, e soprattutto si capisce il motivo per cui sia estremamente variegato, forse fin troppo, e chi scrive in questo caso non l'ha trovato un per forza un pregio. La base è sicuramente progressive, combinata a ritmi tribali ed etnici. La combinazione è senz'altro interessante in "Jaipur", o nell'impronunciabile "Uggarderojr". Merita una menzione speciale la trilogia di brani della "Birka Trilogy", per l'originalità e la cura con la quale è stata composta.
Per il resto, rimangono dei brani dalle tinte vagamente jazz, dei brevi intermezzi strumentali come "Outrott" o "Allegro Vivace", ma poco altro, dato che le restanti composizioni sono piuttosto poco ispirate e piuttosto forzate, indebolite da lunghi ed eccessivi assoli di chitarra da parte di Hedberg, che rendono molto difficoltoso l'ascolto. Non si nega la bravura di nessuno in quest'album, anzi, un plauso andrebbe pure ad Ågren alla batteria, data la bravura; molto semplicemente, il grosso problema è che la band ha voluto mettere troppa varietà, combinata a brani molto poco ispirati e mediocri, e ad assoli ripetitivi e prolungati.
Sicuramente, un lavoro che sarebbe potuto essere pregiato e ben fatto se non fosse stato per l'eccessiva lunghezza ed eterogeneità dell'opera. Ad un ascolto più attento, anche la produzione non è esaltante come ci si aspetterebbe per un lavoro così composito. Un po' più di cura e di sana autocritica nella scelta dei brani avrebbero reso questo disco quantomeno sufficiente, più appetibile e meno inaccessibile, probabilmente.