Lamb of God
Resolution

2012, Roadrunner Records
Thrash

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 25/01/12

Squadra che vince non si cambia. Nel caso del Lamb of God sarebbe meglio dire album che vince non si cambia. Certo abbiamo avuto oltre dieci anni e sette dischi per accorgerci che i ragazzi di Richmond (Virginia) non sono fini progster da mastodontiche elucubrazioni musicali e neppure innovatori a ogni costo, ma arrivati a un certo punto della carriera, magari, qualche nodo viene al pettine.

La grande forza della band, oltre a una dimensione live di altissimo livello, è sempre stata anche il più grande limite, uno stile con dei paletti ben piantati a terra, in mezzo ai quali potersi muovere liberamente. Dei paletti vincenti, ma pur sempre dei limiti invalicabili. I nostri il proprio dovere lo hanno fatto alla grande, sapendo a ogni tornata smuovere il proprio sound di quel tanto da renderlo interessante, almeno durante i primi ascolti, mostrando sempre il fianco nella tenuta a lungo termine. Così facendo i Lamb of God possono ora vantare un nome di un certo prestigio, non delle teste di serie, ma delle ottime “seconde linee” alle spalle (o meglio, sulle spalle) dei big di sempre. E si sa, più si sale di livello e più la tagliola della critica non ammette distrazioni.

Tutto questo per arrivare a “Resolution”, nuovo e settimo album degli americani, un lavoro col difficile compito di dare un buon seguito a “Wrath”, uno di quei full-length in cui la bontà delle idee e l’energia espressa permettevano di dimenticare la totale mancanza di innovazioni nel collaudato canovaccio della band. Come prevedibile il combo si muove sui soliti territori di sempre, quel thrash/groove/core infarcito di citazione southern che ormai i sostenitori dei Lamb of God hanno imparato a riconoscere dalla prima nota. Compatti, potenti, dal groove a dir poco micidiale, il muro di chitarre della coppia Mark Morton/Willie Adler è inconfondibile, come il drumming di Chris Adler e le graffianti vocals di Randy Blythe, piegate a un minimo di ricerca melodica in più di un ritornello sparsi in tutta la durata dell’album. Come avrete capito dalle parole usate fino ad ora, anche in “Resolution” non si ha certo un effetto sorpresa, potrà cambiare l’importanza, la percentuale data alle varie influenze, ma anche qui, da quei paletti citati sopra non si scappa. Se i nostri allora hanno fatto tutto per bene da bravi musicisti, dove è l’inghippo?

Potremmo riassumere il concetto con due parole: ispirazione e assuefazione. In “Resolution” non mancano momenti esaltanti (citiamo ad esempio “Ghost Walking”), ma ahimè si fanno notare diversi episodi sottotono in cui un leggero calo di ispirazione, unito a una base musicale ormai standard, non permette un totale apprezzamento. Questione di sfumature ovviamente, ma la sensazione che qualcosa sia stato inserito forzatamente nella tracklist c’è... Assuefazione: “Resolution” è unicamente rivolto ai fan più accaniti. Semplici simpatizzanti con un paio di album alle spalle, già potrebbero trovare ridondanti queste nuove tracce. Un peccato, le condizioni per fare bene c’erano tutte, ma la capacità di suonare sempre uguali a se stessi (e di convincere senza copiarsi) è merce rarissima, specialmente se già a inizio carriera i tributi da pagare ai “big” erano già evidenti a tutti.

Poi qualche luce si intravede nella conclusiva “King Me”, un finale epico ben riuscito con tanto di inserti orchestrali, episodio che dona un po’ di profondità al disco, ma bisogna comunque arrivarci alla quattordicesima traccia, sparandosi nelle orecchie i primi cinquanta minuti (troppi per un disco del genere) e credo che non tutti riusciranno a non skippare qualche canzone evitabile. Un disco onesto, che incontrerà i gusti dei sostenitori e che permetterà ai nostri di portare un bel po’ di energia sui palchi di tutto il mondo. Per ora può bastare, ma i nostri ormai non hanno più credito...



Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool