Hellsaw
Trist

2012, Napalm Records
Black Metal

Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 25/02/12

Fare metal estremo non è affatto semplice. Non lo è mai stato, neanche vent'anni fa, quando il genere andava per la maggiore e saliva alla ribalta più per gli avvenimenti di cronaca ad esso correlati che per la musica in sé. Col passare degli anni, molte band appartenenti al filone originale si sono evolute in qualcosa di diverso: chi ha virato verso un death/thrash, chi ha aggiunto la componente sinfonica o chi si è dato all'avantgarde, ma c'è ancora qualcuno che tenta di fare black metal nudo e crudo senza fronzoli inserendo qua e là i soliti quattro stilemi del genere: batteria a mitragliatrice, chitarre con il distorsore al massimo, basso quasi inesistente e scream da raucedine perenne.

Non tutti però sono capaci di fare black metal. Basta pensare a quante band sono sopravvissute alle contaminazioni sopraccitate dagli inizi degli anni '90 ad oggi. Poche, proprio perché questo non è un genere semplice, benché possa sembrarlo. E non tutti riescono nell'impresa. Tra coloro che si sono imbarcati in questa missione troviamo i belgi Hellsaw, i quali, giunti al quarto full length, presentano questo “Trist” al pubblico, a tre anni di distanza dal precedente album.

“Trist” è un album composto da nove tracce di lunghezza medio-lunga, costruite attorno ad una sola regola: suona veloce e distorci tutto il più possibile. Fin qui, nulla di nuovo visto, essendo nel bene o nel male questa la regola su cui si basa l'intero genere. Il problema sta proprio qui: nulla di nuovo sotto il sole. Già fatto, già visto, già sentito. È questo che viene da pensare ascoltando “Trist”. C'è ben poco che attragga l'attenzione, il sound simil low-fi ottenuto tramite un'accurata operazione di missaggio programmata a tavolino piuttosto che da una reale registrazione di bassa qualità fa rimpiangere i tempi in cui Burzum faceva dischi urlando in un microfono portatile di qualità infima per il semplice gusto di farlo. Già con la prima canzone si capisce dove il disco andrà a finire, la mediocrità regna sovrana e l'effetto cartonato della batteria risulta fastidioso fin dal primo ascolto (il tutto suona come se i Nostri stessero pestando una panchina di un parco pubblico, piuttosto che un rullante o un tom).

L'unico, brevissimo barlume di interesse giunge con la conclusiva “Silence”, i cui primi venti secondi ricordano un approccio vagamente alternative rock. Di fatto, la melodia è introdotta da un veloce arpeggio di chitarra con un tocco di blues che farebbe presagire una ballata o qualcosa del genere, ma questo attimo di luce in fondo al tunnel si spegne in fretta, quando i ritmi e i suoni ritornano sui soliti binari. Decisamente una prova sottotono e, spiace dirlo, noiosa per i belgi, che nel corso degli undici anni di carriera avevano tirato fuori anche pezzi piuttosto interessanti, soprattutto con il debut album.





01. The Devil Is Calling My Name
02. Sorrow Is Horror
03. Doom Pervades Nightmares
04. The Forerunner Of The Apocalypse
05. Death Bells
06. Trist
07. A Winter Cold
08. Bedlam.1450
09. Silence

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