Bruce Springsteen
Darkness On The Edge Of Town

1978, Columbia Records
Rock

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 03/03/12

E’ l’ora di Bruce Springsteen. A poche ore dalla pubblicazione di "Wrecking Ball", SpazioRock chiude questa breve retrospettiva sul cantautore americano andando a raccontare uno dei suoi dischi più rappresentativi, nonchè autentico pilastro del rock di tutti i tempi. "Darkness On The Edge Of Town" arriva nel 1978 dopo che con il precedente "Born To Run" per Springsteen si erano spalancate le porte del grande successo internazionale. Se quel disco poteva considerarsi come il punto di partenza, la celebrazione dell’idealismo giovanile alla ricerca del grande Sogno Americano, “Darkness On The Edge Of Town” è la consapevolezza che quel sogno non è così a buon mercato come si poteva immaginare. Se “Born To Run” era irruenza e forza d’urto, “Darkness On The Edge Of Town” il lavoro della maturità raggiunta, il disco in cui probabilmente il sound di Bruce Springsteen e della E Street Band raggiunge il suo zenith creativo ed evolutivo. Dal punto di vista delle lyrics, Springsteen  è consapevole di non trovarsi più davanti alla terra delle speranze e dei sogni, bensì in una terra ostile, lo stesso panorama magistralmente descritto sin dalle prime note del disco.
 
“Badlands” è appunto la prima traccia, ed è uno dei pilastri del repertorio springsteeniano, un rock n’roll semplicemente perfetto in cui non manca niente: pathos, ritmo, un chorus irresistibile e quel sound scintillante destinato a diventare un marchio di fabbrica. “Parli di un sogno, cerchi di realizzarlo, poi ti svegli nella notte, con una paura così vera / Hai speso la tua vita in attesa di un momento che non arriva mai”. Il ragazzo delle fughe in auto di “Born To Run” è tremendamente consapevole che il sogno ha un prezzo da pagare quì ed ora, ma non si dà per vinto. L’ardore e la rabbia caratterizzano la successiva “Adam Raised Cain”, uno sporco rock blues che lambisce territori hard, ed è difficile non vedere nel Caino della canzone lo stesso Bruce, una trasposizione del rapporto conflittuale con suo padre. Segue un delicato arpeggio di pianoforte, sognante e continuo: quello di “Something In The Night” è uno Springsteen notturno che a un certo punto pare quasi ululare nella notte; il sogno non è raggiunto, c’è tanta strada da fare ma c’è anche tanta consapevolezza e voglia di riscatto.

Difficile parlare di questi capolavori senza citare il lavoro della E Street Band: Clarence “Big Man” Clemons regala assoli magistrali col suo sax, le chitarre si fondono perfettamente con il pianoforte ma a caratterizzare questo disco sono soprattutto loro, Roy Bittan e Danny Federici, le quattro mani magiche della E Street Band che con i loro pianoforti danno vita a un connubio raramente raggiunto in seguito, un tintinnio continuo e soave, autentico pilastro sonoro di questo disco in cui le chitarre si fondono magicamente con piano e hammond dando vita a quel sound che tutti conosciamo. L’irruenza giovanile torna prepotente in “Candy’s Room”, un rock incalzante in cui si racconta la trasgressione di un amore consumato in un crescendo indescrivibile, cui fa da contraltare “Racing In The Street”, ballad per voce e piano in cui la consapevolezza dell’uomo in fuga dalla provincia americana è totale. Si tratta di un classico del Boss, uno dei brani più amati in assoluto del suo repertorio. “The Promised Land” non si descrive a parole, è uno di quei brani che hanno consegnato Bruce Springsteen alla leggenda facendolo diventare “Il Boss”, al pari di “The River”, “Born To Run”  o “Thunder Road”. Un inno imprescindibile che riassume al meglio la poetica springsteeniana. “Factory” è una delicata ballad in cui Springsteen veste i panni del cantautore operaio, descrivendo in maniera toccante le sensazioni della working class. “Streets Of Fire” ha la sola colpa di essere solo una bella canzone in mezzo a tante gemme, schiacciata dalla successiva “Prove It All Night”, altro brano costruito in maniera sublime destinato a divenire un pilastro in sede live. La title-track in conclusione è una splendida power ballad che riassume lo spirito del disco: persino nel buio ai margini della città possono nascere capolavori come questo.
 
I brani di questo lavoro costituiranno la spina dorsale dei concerti di Bruce Springsteen con la E Street Band, una manciata di canzoni irripetibili che non può mancare nella discografia di ogni rocker che si rispetti. Per dirla con parole banali, un disco da avere assolutamente.




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool