Folkstone
Il Confine

2012, Folkstone Records
Folk Metal

I guerrieri orobici sono tornati col loro disco più maturo
Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 05/03/12

Sarà perché hanno uno spiccato senso legato all’italianità, sarà perché quello che suonano fa tornare indietro nel tempo o perché quello che dicono fa discutere, sarà perché un gruppo così non l’abbiamo mai avuto in Italia: i Folkstone hanno catturato non solo la nostra attenzione e oggi meritano maggior considerazione. Vi abbiamo dato, in collaborazione col gruppo, label di distribuzione e management, la possibilità di ascoltare in anteprima europea il brano “Nebbie”, e offerto un accurato articolo all’interno del quale potrete farvi un’idea molto precisa di ciò vi attende una volta premuto il tasto play del vostro lettore, durante l’ascolto del terzo sigillo. Oggi, pertanto, non andremo a disquisire sulla natura delle singole tracce de "Il Confine", ma ci limiteremo ad un’analisi globale di quello che, vi anticipo, è il disco più maturo dei guerrieri orobici, un album che delimita un vero confine tra quello che c’è stato e quel che sarà.


“Musa indicami la via” recitava il testo di Vortici Scuri, e quella Musa pare averla indicata per davvero, conferendo ai bergamaschi l’ispirazione definitiva, che va molto oltre il semplice argomento dell’esperienza acquisita sul campo. I due punti focali per la realizzazione di un (gran) disco sono stati largamente soddisfatti: composizione (musica & testi) e produzione, infatti, oggi sfiorano l’eccellenza.


Le dodici tracce inedite, più una meravigliosa cover di “C’è Un Re” dei Nomadi e una versione struggente di “Vortici Scuri”, evidenziano tutte la forza e la brillantezza del songwriting, lasciando il segno sin dal primo ascolto. L’interpretazione vocale del Lore denota tutta la sicurezza del guerriero che riversa al mondo intero il suo grido di battaglia e il carisma ne beneficia, ancora e ancora. Arrangiamenti al top, partiture quadrate, ragionate, linee di chitarra che fungono da collante tra un folk estatico e un heavy metal pragmatico. Tra inni alla morte, denunce sociali e riferimenti letterali, i testi si manifestano con sconcertante fluidità, trasformandosi in vere e proprie prose poetiche in alcuni frangenti, che non riuscirete a cancellare dalla mente. Tutto questo ben di Dio servirebbe a ben a poco senza le protagoniste assolute di un disco dei Folkstone, le cornamuse, il culmine di un’epicità che si è fatta ormai cinematica. Lo strumento a fiato è talmente importante, ammaliante e strabordante da viaggiare come se fosse saldato alle rotaie di un rollercoaster: ogni avvitamento e ogni accelerazione sono un sussulto al cuore.


I Folkstone travalicano i confini di un genere, il mittelalter rock, che si pensava potesse sopravvivere grazie all'apporto del solo filone germanico: niente di più sbagliato quando in casa siamo entrati in possesso di un ensemble che, oggi, vale almeno quanto gli In Extremo e che ha sorpassato agilmente Saltatio Mortis, Schandmaul, Corvus Corax, Schelmish e compagnia bella. E pensare che per avere in mano un prodotto così valido e professionale, la band si è dovuta rivolgere ai fan più integerrimi (400), i quali hanno comperato mesi fa e a scatola chiusa il nuovo disco per aiutare i loro beniamini a sostenere le spese di registrazione. Bene, sappiate che il sottoscritto, in previsione del quarto capitolo, si aggiungerà a quei fedelissimi che oggi vanno applauditi a scena aperta. Se c’è un gruppo che merita di essere creduto, amato e sostenuto in Italia beh, è proprio questo.





01. Il Confine
02. Nebbie
03. Omnia Fert Aetas
04. Non Sarò Mai
05. Luna
06. Anomalus
07. Storia Qualunque
08. Frammenti
09. Lontano dal Niente
10. Ombre di Silenzio
11. Simone Pianetti
12. C'è un re
13. Grige Maree
14. Vortici Scuri (Ghost Track)

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