Petto granitico in fuori e sguardo fiero, il 2012 è l’anno della seconda stella per i Kiss. La band della grande mela infatti scrive il capitolo numero 20 della propria incredibile carriera, un traguardo decisamente “Monster”. Come fu per “Sonic Boom” (2009), l’album è stato prodotto da Paul Stanley assieme a Greg Collins e questa volta il risultato è ancora più convincente: quel pizzico di brillantezza che mancava dopo il grande ritorno di tre anni fa rimane dietro la porta chiusa alle spalle e la nuova avventura del quartetto americano parla una lingua più fluida e scorrevole, l’hard rock fresco ed immediato che ha regalato tante gioie al gruppo.
L’aggettivo giusto per descrivere “Monster” potrebbe essere “solido”; siamo ben lontani dalla fumata bianca accompagnata dal caloroso annuncio di capolavoro, ma non vorrete mica insegnare a dei volponi che sono in giro da quasi quattro decenni come si scrive un disco di rock diretto e melodicamente stuzzicante. Il mostro prende forma ascolto dopo ascolto, man mano che i riff entrano in testa e i ritornelli diventano familiari come da tradizione. E quando si parte col piede giusto la strada è in discesa: l’inizio scoppiettante guidato soprattutto da “Hell Or Hallelujah” e “Back To The Stone Age” prima incoraggia, poi convince ed esalta. Gene Simmons porta una ventata di spensieratezza con lo scanzonato rock ‘n’ roll di “Eat Your Heart Out” e sulla stessa lunghezza d’onda è “All For The Love Of Rock & Roll”, bella dichiarazione d’amore scritta dall’inossidabile Paul Stanley, cantata da Eric Singer e dedicata a ciò che per la band è un autentico stile di vita più che un semplice genere musicale. L’album è curato in ogni minimo particolare, è potente e mette in risalto anche il buon lavoro solista dell’ascia di Tommy Thayer, che negli assoli sceglie le note da usare con la stessa attenzione con cui un restauratore rimette insieme le tessere di un mosaico.
Mancano le vere e proprie hit, questo è vero. Non ci sono brani realmente in grado di stagliarsi nell’universo del rock, ma il gruppo americano è riuscito ancora una volta a mettere insieme un blocco di canzoni compatte, piacevoli e divertenti. E la considerazione più importante che va fatta è la seguente: i Kiss sono ancora credibili. Il proverbiale fiuto per gli affari di Stanley e Simmons è una cosa, la musica è un’altra. Quando la band imbraccia gli strumenti e inizia a suonare tutto il resto scompare e rimane solo la rumorosa e festosa essenza che da sempre la contraddistingue.
Alla fine fa piacere costatare che la cosa meno bella dell’album è l’artwork (è vero, non è la prima volta), ma poco importa. “Monster”, come si diceva in precedenza, è un disco solido e, in più, è suonato alla grande ed ha un ottimo sound. Cosa chiedere di più ai Kiss all’alba dei quarant’anni di carriera?