Artesia
Llydaw

2009, Prikosnovenie
Ethereal

Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 27/03/09

Sono storie fatte di misteri e di leggende, di fate e di folletti. I francesi Artesia completano il terzo disco e ci riaccompagnano, mediante la musica, all’interno dello stretto sentiero della foresta Broceliande, un verde anfratto immerso nella regione bretone. Ci sono otto componimenti che dicono tutto e c’è un artwork che dice anche di più: quello della nostra Claudia, Scarlet Gotica (autrice del banner di MinstrelHall), un lavoro che non si ferma alla sola illustrazione che potete vedere qua a fianco, ma che si protrae all’interno di un booklet di dodici pagine tanto magico che già di per se giustifica l’eventuale acquisto.

Se vi è scappato l’occhio più in basso, avrete notato un voto che non si addice perfettamente ad un’introduzione solare come questa, seguitemi e avrete il legittimo chiarimento.
Una manciata di righe per un doveroso cenno biografico. Gli Artesia nascono come duetto tutto al femminile, Aghate (tastiere e cori) e Gaelle cominciano infatti a collaborare nel 2003, poi la firma con Prikosnovenie nel dicembre del 2005 e il debutto “Hilvern” a febbraio dell’anno successivo.

Fu un discreto successo, il seguito rilasciato a giugno 2007 si intitola “Chants d’Automne” e le ragazze credono fortemente nella proposta fantasy: entrambi i dischi sono persino stati registrati nella foresta Broceliande da Loic Cellier, un po’ come farsi forgiare una spada dagli Elfi di Gondolin. L’anno scorso Gaelle è stata costretta ad abbandonare per ragioni private ma Agathe non si è persa d’animo e con l’aiuto dello stesso Loic e della neoentrata violinista Coralie ha potuto dar vita a Llydaw che in gallico antico sta proprio per… Bretagna.


Tutto bello, tutto magico, tutto rifinito (almeno in superficie) nei minimi dettagli e non solo… le composizioni sono di buona fattura, Agathe è una fatina che sa esattamente come si realizza un disco fiabesco (vi invito a leggere la sua intervista per saperne di più) ma… la scelta dei suoni è scarsa e la produzione finale è oggettivamente improponibile al giorno d’oggi, per non parlare di un mixing inesistente che fa sembrare Llydaw un disco dal vivo e non uno da studio. L’effetto ipnotico della chitarra acustica e delle voci simil-spirituali fa il suo dovere nella traccia d’apertura, Irree Seose, e nella splendida Lande Sauvage, graziosa e talvolta inquietante. La foresta, la ninfea, la natura e lo spirito del bosco sono le costanti immaginifiche di Llydaw, nel suo incedere musicale e altrettanto nei testi, anch’essi curati dalla tuttofare Agathe. L’album si protrae per quaranta minuti, che paiono più lunghi di quel che sono realmente, dunque un po’ di noia, anche per chi come me a queste sonorità è abituato da decenni, la si avverte.
Il voto di Llydaw è una media tra l’otto delle ottime composizioni e l’incontrovertibile quattro di una produzione deficitaria. E’ importantissimo, al giorno d’oggi, poter godere di un suono gradevole e pulito, altrimenti l’atmosfera, che nel caso degli Artesia è tutto, viene irrimediabilmente intaccata.





01. Irrée Seose

02. Le Haut-Bois

03. Y Ladi Wen

04. Lande Sauvage

05. Tempus Est Iocundum

06. Le Voyageur

07. Sous La Pierre Brisée

08. Vers L'ouest

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