Grimness
Trust in Decay

2008, Behemoth Productions
Black Metal

Recensione di SpazioRock - Pubblicata in data: 12/04/09

Recensione a cura di Sergio Vinci

 

Le ultime uscite di casa Moonfog hanno fatto proseliti. Dopo alcune release impresse con questo marchio come Disiplin, Khold, Gehenna, Satyricon ma anche band estranee “al giro” di questa etichetta come Sonic Reign e Tulus (questi comunque sono i pre-Khold, detta in maniera semplice, anche se le entità sono distinte), che hanno rivoluzionato molti dei cliché del black metal e conseguente apertura verso nuove frontiere di suono, pare che molte altre formazioni abbiano pensato di mutare il proprio sound verso lidi accostabili per certi versi alle band appena citate o intraprendere sin da inizio carriera questa via “alternativa” al black metal vecchio stampo. Ci troviamo infatti, anche nel caso di questi Grimness, di fronte ad una sorta di miscela di thrash, black e un feeling freddo e distaccato che rimanda a certo industrial, il tutto guarnito con una sezione ritmica che quando non varia troppo sul tema appare come monolitica e furiosa.
Quello che io mi chiedo è questo: avevamo bisogno di un’altra band che ripercorresse un sentiero oramai battuto in lungo e in largo da almeno dieci anni (ovvero dall’uscita del controverso Rebel Extravaganza dei Satyricon) con risultati non sempre soddisfacenti? La risposta è “ni”…Se da una parte possiamo vantare di avere nel nostro Paese un’altra realtà in grado di competere sotto vari aspetti a livello internazionale con nomi ben più blasonati, dall’altro ci troviamo di fronte un disco e una band che, almeno in questo Trust in Decay, regala ben poche sorprese ed emozioni.

Premesso che i Grimness sanno maneggiare bene la materia che trattano, rimangono dei limiti evidenti in questo disco, come la mancanza di personalità e feeling che sminuiscono tutte le buone prerogative della band che si presenta con una tecnica impeccabile e una produzione vincente in grado di far risaltare tutti gli strumenti ed elemento che alimenta l’alone gelido di questo lavoro.
Ma come dicevo, manca qualcosa. Manca quella capacità di saper imprimere ogni canzone con un marchio di fabbrica riconoscibile. Nessuno ricerca oramai nel black metal (anche se in questo caso il termine è quantomeno riduttivo) chissà quali novità, ma una band che si cimenta in questa sorta di black metal “intelligente ed evoluto” dovrebbe quantomeno apportare delle modifiche a quanto già fatto da gente come Satyricon o Disiplin, tanto per riprendere due dei nomi citati all’inizio, i quali, nel bene e nel male, che piacciano o meno, sono riusciti a ritagliarsi una piccola nicchia espressiva riconoscibilissima sin dai primi ascolti. I Grimness sotto l’aspetto formale sono praticamente inattaccabili, ma da una punto di vista “di sostanza” hanno ancora da lavorare.

L’opera in esame si divincola tra accenni black n’roll, (termine sfruttato quanto un cavallo da corsa, ma necessario per inquadrare certe sonorità), violenza thrash e un’anima black metal che avvolge e tiene compatti come un microfilm gli elementi sopra elencati. I Grimness tentano di sfruttare al meglio tutte le armi in loro possesso, ma la cosa preoccupante è che dopo svariati ascolti nessun brano rimane impresso, tutto scivola via senza infamia e senza lode . Non basta saper fare bene i Disiplin (la title-track) o aggiungere qualche elemento melodico in più come in Sons Of The Wolfmother e soprattutto nella malinconica In Silence per risollevare un lavoro che rimane ancorato a schemi già attuati da altri molto tempo prima. Sento ogni tanto addirittura qualche rimando a certi Voivod, per alcune dissonanze e per un approccio stralunato che emerge qua e là, e questo è un ingrediente che secondo me la band dovrebbe sfruttare maggiormente in futuro, dato che queste parti ben si sposano con le intenzioni musicali dei Nostri.
Vorrei menzionare la bella God Against God, dove la band finalmente sembra trovare un giusto equilibrio tra le proprie coordinate base, tra accenni a melodie black metal old school, sfuriate ai limiti col death e innesti di chitarre armonizzate vicine per certi versi all’heavy metal classico.

Concludendo: un lavoro professionale sotto tutti gli aspetti che non mancherà di far breccia nei cuori di coloro che hanno seguito con interesse l’evoluzione del black metal negli ultimi anni, ma che appare derivativo e con poco mordente.
Un disco dignitoso quindi, fatto da una band capace, ma che lascia ben poco nella memoria e nell’anima. Trascurabili.





01.A New Version Of Reality    

02.The Price Of Destruction        

03.Trust In Decay    

04.Sons Of The Wolfmother

05.Proud To Be Damned    

06.Obliged To Die        

07.Total Annihilation        

08.God Against God        

09.Scorn We Embrace        

10.Laws Of Disorder

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