Bad Habit
Above and Beyond

2009, AOR Heaven
AOR

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 13/04/09

Si sono formati in Svezia nel 1986, questo è il loro settimo album, ed ancora mi chiedo come sia possibile che il loro nome non risuoni fiero nell’olimpo delle AOR band del mondo.
Sì signori, perché questo album dei Bad Habit è un miracolo.
Ha del miracoloso, difatti, come già dall’incipit “I don’t want you” la voglia di cantare diventi incontenibile, e di come alla fine di “Don’t want to say goodbye” ci si ritrovi con un sorriso ebete stampato in faccia, un sorriso che inequivocabilmente fa parlare il buon redattore di turno di capolavoro.
Questo è quello che è “Above and beyond”: una gemma rara di puro AOR melodico, ma non il classico album AOR che dici: “sì, belle 3-4 canzoni, d’ora in avanti ascolterò praticamente solo quelle”.
Assolutamente: su questo album non c’è una canzone che non meriti la dovuta considerazione, non ce n’è nessuna che fa premere prematuramente il tasto “skip” dei nostri lettori.
Lo si ascolta sempre dall’inizio alla fine, e sempre con gioia.

Merito di melodie brillanti, di ritornelli impossibili da dimenticare e che impongono di cantare col cuore in mano, di quel giro di tastiera modernista che risulta simpaticamente fuori luogo all’inizio, ma che poi scopri infondere linfa vitale ai brani, di quelle chitarre ruffiane ed easy come l’AOR più cristallino impone.
Seppur stona con quanto ho scritto all’inizio, vi dico che di imperdibile, oltre alla trilogia iniziale di canzoni davvero killer, c’è anche il tormentone della veramente accessibile “I believe”, la velocità incalzante così ‘80s di “My confession”, il doppio ritornello di “Let me tell you”, il power-pop conclusivo di “Never gonna give you up”…oh, ma chi voglio prendere in giro: sono davvero tutte canzoni irresistibili!

Sia chiaro, a questo punto, che non stiamo parlando di un album complesso, di quelli che richiedono almeno un paio di ascolti anche solo per entrare in contatto con la linea melodica: tutt’altro. Tutta questa immediatezza e semplicità. alla fine, potrebbe non essere gradita da tutti gli estimatori del genere.
Inoltre, già che siamo in campo difetti, c’è una produzione non propriamente stellare dell’album, dovuto a risorse limitate di cui la band, purtroppo, evidentemente dispone (persino l’artwork è a dir poco dilettantistico, specialmente considerando che questo non è un album di debutto).
Poi, se vogliamo dirla proprio tutta, la voce di Bax Fehling svolge il suo lavoro ottimamente, ma senza far gridare, come invece fa la musica, a quel miracolo di cui accennavo in apertura.
Bene, questo è il mio cervello che ha scritto, ed è lui che ha assegnato il volto finale.
Per a quanti di voi possa importare: sappiate che il mio cuore impone di dire che avrei assegnato almeno un “9”, e che era dai tempi della scoperta di “Mood swings” degli Harem Scarem che non avevo un AOR-thrill di così vasta intensità.



01.I don’t want you
02.Just a heartbeat away
03.Don’t want to say goodbye
04.Let me be the one
05.A lot to learn
06.I Believe
07.Above and beyond
08.My confession
09.Let me tell you
10.Surrender
11.Calling your name
12.I need someone
13.Never gonna give you up

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