Quando dico symphonic speed metal capitanato da voce femminile, quale band vi viene subito in mente? Rispondiamo tutti insieme: Nightwish. I rumeni Magica non fanno eccezione nel suggerirci con troppa facilità quel nome, e nulla di nuovo propongono rispetto alla band finlandese divenuta, oramai, capostipite e simbolo di un genere.
Nulla di male se la musica proposta fosse quantomeno all’altezza della band di diretta ispirazione, magari con un pizzico di personalità che non guasta, ma con “Wolves & Witches” ci troviamo di fronte ad un clone spudorato dei Nightwish era “Oceanborn” al discount di idee e di bravura.
Difatti, se analizziamo i due elementi portanti di una proposta di questo genere (voce e tastiere, il resto è puro contorno), scopriamo che la voce di Ana Mladinovici non spicca di fronte ad una concorrenza fin troppo agguerrita (e non tiriamo fuori i soliti nomi) e dotata sia di presenza scenica, che di maggiori capacità vocali, mentre le tastiere di 6-fingers (lo ritenete un nick pacchiano? Beh, ma l’avete visto l’artwork dell’album? Neanche il Terry Brooks nella più bieca edizione paperback ha mai osato tanto!) sono stanche, prive di fantasia e, soprattutto, lente, con note basate quasi esclusivamente su accordi in quarti ed ottavi e mai sulle terzine… tanto che viene da chiedersi il famoso “sesto dito” cosa lo usi a fare.
Gli unici due pezzi che spiccano un poco da una massa di mediocrità suonata pure male (ascoltate la terribile chitarra nella strumentale “Chitaroptera” e l’ancora più terrificante inserto di flauto finale) sono “Dark secret” (grazie ad una melodia ispirata e ad un robusto riffing, e nonostante un ritornello comunque un poco pasticciato) e “Just for 2 coins”, una canzone che alla partenza sembra il classico uptempo speed metal, salvo poi scoprire che la strofa è la versione inglese di “Alla fiera dell’est”, quindi il pezzo ci guadagna se non altro nel divertimento di sentire una versione molto alternativa di un classico del folk italiano (sebbene, badate bene, la canzone non riprende in nessun modo la melodia composta dal menestrello Branduardi).
Davvero troppo poco e davvero confezionato male quello che ci viene, in definitiva, proposto. E se si potrebbe anche essere più benevoli nei confronti di una band agli esordi, tutta questa mediocrità è davvero imperdonabile per una band giunta al quarto album in quattro anni.
I Magica dovrebbero davvero cercare di smetterla di battere sul ferro finché è caldo, sedersi attorno ad un tavolo e realizzare che, se è davvero questo il genere che vogliono proporre, allora sarebbe il caso di imparare a suonare meglio in primis, e poi magari trovare un elemento di originalità che li distingui da una massa oramai troppo numerosa di band di questo tipo.