Delain
April Rain

2009, Roadrunner Records
Symphonic Metal

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 29/04/09

Delain, ovvero la creatura di Martijn Westerholt (fratello del celebre chitarrista e compositore dei Within Temptation Robert Westerholt), nata dopo che Martijn guarì dalla malattia che lo costrinse ad abbandonare la band (dove suonò come tastierista fino a “Mother Earth”) proprio nel momento in cui i Within Temptation stavano riscuotendo i primi, grossi, consensi commerciali. Cominciato come progetto di collaborazioni (il primo album dei Dealin, “Lucidity”, vedeva tra i guest Marco Hietala - riconfermato anche su questo secondo album, Liv Kristine, Sharon den Adel ed altri musicisti famosi all’interno della scena gothic più sinfonica), i Delain si sono via via affermati come band vera e propria, ed una serie di concerti dal notevole successo nella madrepatria Olanda ha portato a questo secondo album, “April Rain”, in un certo senso il primo vero lavoro di gruppo di questa realtà musicale.

Tutto questo popo’ di cappello informativo introduttivo serve semplicemente a nascondere la vacuità mostruosa di questo album, un album che ha perso tutta la brillantezza, ispirazione, energia che caratterizzava il debutto “Lucidity”. Non che i Delain siano mai suonati originali (sono sempre stati, per me, l’anello di congiunzione tra i Within Temptation di “The Dance” e quelli di “Mother Earth”, ed ora il mondo metal li vuole valida alternativa ai Nightwish), tuttavia non si può negare che, sull’album di debutto, erano numerose le canzoni che si facevano ascoltare ben volentieri, e che lasciavano nell’ascoltatore quel buon sapore in bocca che permetteva alla creatura di Mr. Westerholt Jr. di emergere dalla mediocrità e dall’anonimato.

Su questo “April Rain”, invece, eccezion fatta per tre canzoni (la title-track e “I’ll Reach You”, più la conclusiva “Nothing Left”), nulla sopravvive ad un senso di vuoto cosmico generale. Le canzoni spesso si trascinano esauste fino a ritornelli facili ed immediati, ma che non lasciano segni incisivi su chi ascolta (“Control The Storm”, “Stay Forever”); questo quando va bene: a volte le canzoni semplicemente non funzionano (“On The Other Side”: bastava un’armonica per musicare questa canzone fastidiosamente miagolante).

Tuttavia, questo album si salva dal disastro totale grazie anche alle famose tre belle canzoni che ho già citato, dove si riesce a riassaporare per un momento quel senso drammatico dell’orchestrazione e quel dinamismo tanto caro alla composizione made in Westerholt, e ad una produzione dell’album davvero professionale e furba. Inoltre, non si può non citare la maturità vocale raggiunta dalla singer Charlotte Wessels: sempre una cantante piuttosto mediocre (la concorrenza è spietata nel gothic metal tesoro, e tu lo sai), eppure più consapevole dei propri mezzi ed in grado di restituire, spesso, un’interpretazione decisamente più convincente rispetto a quanto sentito su “Lucidity”, chiaro segno che l’esperienza live maturata con la band, unita alle lezioni di canto prese da Floor Jensen (cantante degli After Forever), non è andata sprecata.

Continuerà a piovere, perché siamo tutti stanchi” canta Charlotte nella title-track in apertura: mia cara, hai detto praticamente tutto tu, io non ho nulla da aggiungere… Se non che una delusione del genere, dai Delain, non me la sarei mai aspettata.



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