Long Distance Calling
Avoid The Light

2009, Superball Music
Post Rock

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 04/05/09

Il post rock, di per sé, già non è un genere semplice, poiché spesso più divagante e dispersivo del sicuramente altrettanto complesso progressive. Poi quando arriva una formazione come i tedeschi Long Distance Calling il tutto si complica ulteriormente: questo “Avoid The Light” è il loro secondo episodio discografico, ed è un cd costituito da tracce della durata media di nove minuti, quasi completamente strumentale.

Nonostante questo, bisogna riconoscere che il disco non risulta eccessivamente pesante o prolisso come si potrebbe facilmente immaginare: le canzoni scorrono godibili tra atmosfere sognanti e dilatate, pronte ad esplodere improvvisamente con furiose schitarrate che ricordano alcuni nomi importanti della scena del rock/metal più alternativa quali i Muse (in “Black Paper Planes”), piuttosto che i Tool (in “The Nearing Grave”, l’unica canzone dotata di voce e dove si trova a ricoprire il ruolo di singer, come ospite, Jonas Renkse, frontman dei Katatonia). Occasionalmente, poi, la programmazione di Reimut sa davvero sorprendere utilizzando i più svariati effetti, come in “I Know You, Stanley Milgram!” (per chi scrive, la canzone meglio riuscita e più rappresentativa di tutto il lavoro), dove il sintetizzatore gioca, su effetti che ricordano le consolle dei primi anni ’80, con una chitarra più che sincopata.

C’è in effetti da riconoscere il gusto dell’etichetta Superball Music nello scovare tutti questi talenti progressivi e cerebrali, ma che sembrano saper dosare il loro intelletto nello sfoggiare una tecnica mai troppo fine a se stessa: band come questi Long Distance Calling che, tra le pieghe di partiture schizofreniche e di monumentale durata, riescono comunque a farci compiere un viaggio emozionale, quasi guidandoci per mano. Tuttavia, in sede di valutazione non posso davvero fare a meno di considerare che questo album non è decisamente per tutti, e che va saggiato attentamente (magari facendo una capatina sul MySpace della band) prima di essere acquistato. Problema congenito del genere o limitato al caso specifico della band in esame? Ottima domanda, ai posteri l’ardua sentenza. Per ora mi sento di concludere dicendo che se eravate alla ricerca di un cd che riuscisse a cogliere appieno quell’energia sfuggevole data dal guizzo di genio nato dalle jam-sessions, oppure di quel piglio paranoico dei Radiohead più criptici e tecnici, allora dovete dare sicuramente una possibilità a questi cinque ragazzi.



Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool