Indigo Dying
Indigo Dying

2007, Frontiers Records
Hard Rock

Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 09/04/09

Il giochino della Frontiers  Records non sempre riesce bene, come nel caso degli Indigo Dying.

Prendi un cantante ben rodato, una donna nella fattispecie, le affianchi una manciata di turnisti di lusso (John Macaluso, Fabrizio Grossi, Tommy Denander), richiedi la presenza al microfono di un paio di super-guest d’eccezione (Michael Kiske e Mark Boals), confezioni una produzione decorosa, impacchetti, infiocchetti e mandi nei negozi di tutto il mondo. Questa volta non basta.

Lei è la voce cilena Gisa Vatcky, artista che ha lavorato con diverse celebrità della musica internazionale (Enrique Iglesias, Andrea Bocelli, Melissa Etheridge e Meat Loaf tra i tanti), e gli Indigo Dying sono il suo primo progetto solista che l’etichetta nostrana ha fortemente voluto, incoraggiato, promosso e infine licenziato.

La formula, già sperimentata in più occasioni, non riesce a mantenere i buoni propositi a causa di un songwriting a volte appena sufficiente e a volte mediocre; dodici composizioni raccolte all’interno di un pamphlet musicale quasi mai seducente: un inverosimile mix di rock melodico e gothic radiofonico sulla scia di Marion Raven, Kelly Clarckson ed Evanescence.

Il disco gioca male le sue carte e si impiglia in una dimensione fasulla e spesso prevedibile.

Alla fiera dell’insicurezza le uniche certezze sono proprio le voci dei tre interpreti, tra i quali si distingue l’ex Helloween Michael Kiske, in grado di trasformare un brano insapore come Breathe In Water in un singolo grazioso e capace di affossare la prova della stessa Vatcky nell’immancabile duetto.
I pezzi migliori (o i meno peggio, per essere schietti) sono proprio quelli nei quali la cantautrice si confronta con gli ospiti, e lo stesso Mark Boals (ex Malmsteen/Ring Of Fire) lascia il segno nell’ammiccante ritornello di Superman e nel vezzeggiato tormentone Far Enough.
Troppo poco per convincere un orecchio allenato.
La Vatcky, quando può, si rifugia in una finta atmosfera malinconico/romantica e neppure All I Never Wanted, l’opener briosa e ruffiana, riesce a rinverdire i fasti di un lavoro poco collaudato e totalmente privo di personalità.

Potenzialità sprecate, pochissimi gli spunti interessanti e mai un diversivo vero sul quale provare a costruire un solo brano vincente (Michael Kiske a parte).
Sarà, ma la nostra etichetta di punta ci ha abituato a produzioni ben più elevate e rilevanti di quella degli Indigo Dying, palese dimostrazione di scarso e inadeguato impiego dei grandi mezzi a disposizione. Nient’altro da aggiungere.



1.All I Never Wanted
2.Hear Me
3.Breathe In Water (featuring Michael Kiske)
4.Better
5.Taken
6.Superman (featuring Mark Boals)
7.Island
8.Remember (I.O.U.)
9.Real Life Fairytale
10.Far Enough (featuring Mark Boals)
11.Shattered Life
12.Go

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