Lacrimosa
Sehnsucht

2009, Hall Of Sermon
Gothic

Quattro anni di silenzio per ritrovare la Musa perduta. Le nostre impressioni sul decimo album in studio del duo svizzero Lacrimosa.
Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 21/05/09

Sehnsucht”, ovvero la nostalgia, la bramosia d’amore, amore che è l’energia buona che muove il mondo e consente di creare nuovi universi e costellazioni, un sentimento indefinibile, profondo e sfaccettato che ognuno di noi vive in modo troppo personale e diverso. Vi sono artisti che, in tutta la loro carriera, si prefiggono l’utopico desiderio di poter definire questo sentimento, di poter restituire per un attimo, attraverso la loro arte, la stessa intensità di sentimenti che l’amore spesso reca con sé quando nasce, si sviluppa e, malauguratamente ma inevitabilmente, spesso muore. Il duo Lacrimosa, svizzero di adozione, è dal 1991 che ci prova. Ed è quasi riuscito nell’impresa lungo tutti questi anni: due album assolutamente eccellenti, uno a ridosso dell’altro, facevano già urlare al miracolo (sto parlando di “Stille” del 1997 e di “Elodia” del 1999); tuttavia, la Musa fu spremuta decisamente troppo, Tilo Wolff non fu più in grado di comporre nulla che eguagliasse lo splendore di quelle due opere per ben dieci anni (“Fassade”, “Echos” e “Lichtgestalt” sono tre album che, uniti nei loro sporadici episodi migliori, arrivano a malapena a raggiungere le opere di eccellenza citate dei Lacrimosa). Tilo Wolff tuttavia non è un incosciente: quattro anni di silenzio, quattro anni in cui recuperare l’ispirazione perduta per arrivare al massimo traguardo possibile nella carriera di un artista, ovvero il parto del capolavoro.

Signori, coloro che, di fatto, hanno inventato il symphonic gothic metal (nella sua definizione più pura) ci sono riusciti: “Sehnsucht”, decimo album in studio, arriva dopo quasi 20 anni di onorata carriera dove nessun’altro album dei Lacrimosa, prima, era mai riuscito. Ci arriva grazie ad un inedito ed interessante innesto del folklore russo all’interno della struttura musicale dei Lacrimosa, grazie ad un’interpretazione vocale di Tilo mai così intensa ed audace, grazie, semplicemente, all’ispirazione ritrovata che rende prezioso ogni attimo di questo cd.

Sto per fare una cosa abbastanza noiosa, ma assolutamente necessaria quando ci si trova di fronte al capolavoro: sto per fare un dettagliato track-by-track di questo cd. Se non volete seguirmi in questo viaggio, va benissimo; vi risparmio anche la fatica di girare vorticosamente la rondella del mouse per anticiparvi che, in calce a questa recensione, ci trovate un meritatissimo “9”.
A coloro, invece, che vogliono leggere la mia guida all’album più intenso che mi sia capitato di sentire quest’anno: prego, vogliate darmi la mano e seguirmi lungo questo percorso all’interno della nostalgia.

“Sono silenzioso – stordito – e stupefatto / Ed un poco – solo un poco – ispirato”. L’album si apre con un delicato arpeggio di chitarra, progressivamente si uniscono i sintetizzatori, l’orchestra… La musica lentamente, prendendosi i suoi tempi, cattura la nostra attenzione, ci seduce, ci costringe a seguirla lungo corridoi di marmo su sentieri tracciati da violini e clavicembali. E’ l’incipit di “Die Sehnsucht In Mir”.

Una fisarmonica gioca con una chitarra elettrica, una sfida che si trasforma in una melodia che si fa immediatamente propria. E’ “Mandira Nabula”, la traccia su cui più smaccatamente si fa sentire l’influenza della Russia nei “nuovi” Lacrimosa. La canzone è energica, e non si risparmia in divagazioni death (che si ritroveranno sporadicamente lungo il resto dell’album). “Mandira Nabula – questa notte passerà / Io vivo – io amo / Ed io respiro ogni volta che ti vedo”

L’amore appena nato, vissuto intensamente, spesso è destinato a morire velocemente, lascinadosi dietro un intenso carico di dolore. Dolore magnificamente rappresentato da”A.U.S.”, una canzone sostenuta da un giro di chitarra perenne, su cui si innestano chirurgicamente le tastiere: “Sento una parola provenire dalla tua bocca / Tutto diviene dolore / Il mio nome nel dolore”, esplode il dramma di organo ed archi che scuotono violentemente l’animo dell’ascoltatore, lasciandolo stordito. La giostra, se possibile, quindi ricomincia a giare ancora più vorticosamente di prima, e l’interpretazione di Tilo mai così sofferta: “Le parole sono sprecate / Il senso è perduto / Tutto nel dolore / Di nuovo il rifiuto…”

E dopo il dolore, è la volta del rancore. “Feuer” è una delle canzoni più violente mai composte dai Lacrimosa, una canzone che si apre su una rapsodia di violini, chitarre death, lo screaming di Tilo, a cui mai ti sogneresti di vedere associato, senza preavviso, un coro di bambini che minacciano: “Un giorno sarai in questo luogo oscuro / Allora ti manderò il fuoco, e ti sentirò urlare”, e l’innocenza delle loro voci rende ancora più rabbioso e temibile il messaggio.

“Vita – non la lascerò entrare / Piuttosto, la respingerò / Scaverò nelle mie paure in sua vece”. Sbollita la rabbia, è la volta della speranza, speranza che possa essere tutto come era un tempo. Niente di meglio, per rappresentare il momento, che un oscuro tango ad opera di Anne Nurmi, controparte artistica e spirituale di Tilo Wolf, che con “A Prayer To Your Heart” invoca, su hammond e contrabbassi: “Il passato mi chiama – mi fa agognare di te / Sono ancora innamorata – nonostante tutto quello che hai fatto”.

Purtroppo però, la stella, rara e preziosa, è andata perduta per sempre nella remota terra di Krasnodar. “I Lost My Star In Krasnodar” è un capolavoro nel capolavoro, un’aria ovviamente ispirata anch’essa dal folklore russo, una chitarra che volteggia su note sempre più vertiginose ed incalzanti nel ritornello in crescendo, quindi potente risuona l’augurio: “Splendi – splendi – splendi mia stella / Splendi – splendi – dovunque tu sia”.

Piccolo intervallo nella storia, o forse la chiave di lettura. Non ci è dato sapere. Si sa solo che “Die Taube” narra di un figlio di una prostituta, il quale si vendica dell’uccisione della madre da parte dello sconosciuto padre compiendo un atto patricida. La canzone inizia con un pianoforte, si sviluppa quindi una sinfonia drammatica di archi, una preghiera disperata che strazia il cuore: “Non dimenticherò mai il sangue che ho versato / E l’uomo morente che mi disse: Sono tornato, figlio mio / Stringimi – Stringimi – Stringimi forte”.

Con “Call Me With The Voice Of Love” Tilo sfrutta l’esperienza industrial maturata coi Snakeskin innestando l’elettronica su una struttura melodica da classica serenata popolare. Il risultato è più che convincente ed enfatizza la disperazione che si prova nel desiderare un amore che non solo non può più tornare, ma sembra già appartenere a qualcun altro. “Ti ho vista all’angolo / Non ti sei voltata / Nonostante il mio cuore implori: Chiamami / Chiamami con la voce dell’amore”.

Di nuovo il risentimento di essere rimasto nel “Der Tote Wenkel”, l’angolo cieco, la miseria e la ripresa dell’orgoglio che ne consegue. Così fa la musica: uno straziante violino si trasforma in un’energica canzone metal, e la morte dell’amore è oramai definitiva: “Rimango nell’angolo / Del tuo occhio più sconosciuto / E rimango nell’angolo / Di coloro che non mi possono vedere bene”.

Chiusura dell’opera: “Dal coma della mia anima / Non c’è alcun passaggio verso la luce / Niente aria fresca – che possa carezzare il mio spirito”. La chiusura di “Koma” è una sinfonia in tre movimenti: assolutamente energica e decisamente non prolissa come si potrebbe intuire, questa canzone dipinge magnificamente lo stato catatonico dei sentimenti che inevitabilmente sopraggiunge al termine di un amore vero, come uno scomodo cadavere di cui si vorrebbe fare a meno per potere tornare più facilmente alla vita.

Sono stato decisamente prolisso, perdonatemi… Non riesco a contenermi, quando la musica me lo consente. Voglio quindi essere sintetico ora, in chiusura: questo è un album che chiunque abbia mai provato la “Senhsucht” dovrebbe assolutamente ascoltare, e poiché la Sehnsucht sopraggiunge sempre dopo che si è amato intensamente qualcuno, allora fortunatamente molti, se non addirittura tutti noi dovremmo dare una possibilità ai ritrovati Lacrimosa. Mai mi sarei sognato che il mio primo top album su queste pagine potesse essere un lavoro firmato da Tilo Wolff, ero convinto di averli persi per sempre! Sono stato, fortunatamente, smentito. Bentornato, beffardo pagliaccio…

NOTA FINALE: Per la recensione è stata usata la versione digipack di “Sehnsucht”. Tale versione, oltre ad avere l’artwork a colori per la prima volta nella storia della band, presenta la maggior parte delle canzoni in versione special, ovvero riarrangiate ed allungate rispetto alla versione standard dell’album. Il sottoscritto non si assume alcuna responsabilità se il contenuto qualitativo della versione normale dell’opera sia significativamente inferiore rispetto alla versione utilizzata per la stesura del presente articolo.



01. Die Sehnsucht in mir
02. Mandira Nabula
03. A.U.S.
04. Feuer
05. A Prayer For Your Heart
06. I Lost My star In Krasnodar
07. Die Taube
08. Call Me With The Voice Of Love
09. Der Tote Winkel
10. Koma

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool