Amorphis
Skyforger

2009, Nuclear Blast
Gothic

Il capitolo conclusivo della trilogia cominciata con "Eclipse": sono tornati gli Amorphis.
Recensione di Davide Panzeri - Pubblicata in data: 29/05/09

Skyforger”, nuovo pargoletto di mamma Amorphis, arriva a due anni di distanza dall’ultimo “Silent Waters” ed a tre dall’eccelso “Eclipse”.
Certo non si può dire che gli scandinavi non siano attivi dal punto di vista prettamente musicale, tre album in quattro anni sono una media notevole.
Album che registra una netta sterzata musicale rispetto ai vecchi lavori, coincisa con l’innesto in formazione di Tomi Joutsen, strabiliante frontman e cantante dall’ugola decisamente versatile.
Le canzoni si sono fatte meno death, diventando spesso gothicheggianti, rockettare e melodiche. A tratti perfino prog. Parti vocali pulite e calde si alternano a potenti e gutturali linee growl andando a formare una suadente e perfetta continuità musicale.
“Skyforger” prosegue sulla linea tracciata dai due fratellini precedenti, e va a concludere la trilogia iniziata appunto da “Eclipse”, e passata attraverso “Silent waters”. Entrambi certificati dischi d’oro in Finlandia con 15.000 copie vendute (cosa che agli Amorphis non era mai riuscita prima).

Ancora una volta il disco è incentrato sul poema nazionale finlandese “Kalevala”, che racchiude in sé centinaia di anni di storia e mitologia nordica, trattando i più disparati argomenti: dalla filosofia alla vita, dall’odio e amore ai problemi di tutti i giorni etc.

“Skyforger” è un disco eclettico e variegato, momenti malinconici e tristi si alternano a cavalcate epiche e furiose, partendo dall’opener “Sampo” impavida alfiere e portavoce di entrambi i lati Amorphici.
‘Silver Bride’ è il classico pezzo ruffiano alla “House of Sleep” (“Eclipse”), brano usato per altro come singolo. Mai scelta fu più azzeccata, la sposa d’argento è un brano dannatamente orecchiabile, diretto e melodico. Il giro di chitarra semplice e immediato, unito ai cori in sottofondo e alla temperata voce di Tomi ne decretano indiscutibilmente il successo, rendendolo sicuramente uno dei brani top dell’album.
Facciamo una pausa e rilassiamoci durante l’ascolto di “From The Heaven of My Heart”, mid-tempo dai tratti somatici vagamente tristi e mesti, nonostante la semi gioiosa chitarra.
“Sky is Mine” e “Majestic Beast” invece, si contrappongono perfettamente al brano appena concluso. Veloce e piena di brio la prima, violenta e grave la seconda, dove le chitarre si fanno pesanti come macigni e il grow cavernicolo di Tomi raggiunge profondità mai toccate prima.
Con le due successive “My Sun” e “Highest Star” ritorniamo a percorrere il più classico del sentiero Amorphis. Mid-tempo dai toni fugaci e frizzanti come gli scandinavi ci hanno sempre insegnato. Aggiungo un appunto per quanto riguarda “Highest Star”, il flauto, che si sente all’inizio e che torna ciclicamente durante tutto il brano, per essere poi sostituito dalla chitarra, ricorda molto (perlomeno a me) l’entusiasmante “The Extacy of Gold” di Ennio Morricone.
Siamo giunti ormai alle ultime tre tracce che costituiscono l’album: “Skyforger” (la titletrack), “Course of Fate” e “From Earth I Rose”.
La prima è, a parer mio, la canzone più riuscita, e non a caso è anche titolo dell’album. Ritornello accattivante e solenne accompagnato in ultima battuta dall’angelico ed epicissimo coretto. “Course Of Fate” è invece il brano che meno mi ha colpito, l’ho trovato senza personalità e grinta.
La conclusiva “From Earth I Rose” è, alla stregua dell’opener, un contenitore di tutte le sfumature che gli Amorphis siano in grado di produrre. Veramente accattivante e decisa, conclude in modo degno la decima fatica scandinava.

“Skyforger” è dunque un ottimo album, epico, magniloquente, solare ed oscuro allo stesso tempo. Più bello di “Silent Waters” ma meno di “Eclipse”, farà la felicità di tutti i nuovi fan, e perché no, magari tornerà ad attirarne qualcuno di quelli vecchi.





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