Nati nel 2004, con il nome di Meltdown, dopo aver infuocato i locali di mezza Pittsburgh con il loro sfrontato thrash metal, gli americani Mantic Ritual danno finalmente l’assalto al mercato mondiale grazie a questo loro interessantissimo debut album.
Musicalmente il quartetto della Pennsylvania ci ripropone quel thrash metal embrionale che, forte di influenze speed, vide la sua epoca d’oro nei primi anni ottanta, grazie a band come Diamond Head, Exciter e i primissimi Metallica. La miscela di veloce heavy metal e reminescenze punk a la Ramones è ben presente in tutte le dodici tracce del disco e vengono riproposte con una violenza ed un’attitudine tali da impressionare l’ascoltatore, nonostante la proposta musicale ignori la parola innovazione.
Ponendo “Executioner” nel lettore e premendo il tasto “play”, si viene immediatamente catapultati indietro nel tempo, grazie all’aggressività di “One By One”, brano incalzante che, dopo una lenta intro di maideniana memoria, non dà respiro sino alla fine grazie a ritmiche serrate sulle quali la sgraziata, quanto irruenta, voce di Dan Wetmore sembra trovarsi perfettamente a suo agio. I soventi cambi di ritmo rappresentano uno degli aspetti maggiormente interessanti di “Executioner”, come conferma la bella title track; tale aspetto permette ai nostri di rendere ancora più efficaci e graffianti i riff alla base di ogni singolo brano. Con la velocissima “Black Tar Sin” la band non nasconde il proprio amore per gli Slayer, soprattutto attraverso assoli molto tecnici e fulminei. All'interno del disco trovano spazio anche le contaminazioni più estreme della band (da intendersi sempre in relazione alla scena musicale degli inizi anni ottanta), come “Murdered to Death” e “Thrashatonement”. L’amore della band per le sonorità che furono, viene ulteriormente evidenziato dalla presenza di “Blackout”, noto brano degli Scorpions, che viene qui riproposto in una nuova veste adatta al sound generale del disco.
L’album è intelligentemente prodotto in maniera molto sporca, e se da una parte questo aspetto non valorizza l’ottimo livello dei musicisti, dall’altra dona ulteriore coerenza alla proposta musicale del quartetto di Pittsburgh.
“Executioner” si configura come un piccolo gioiello di thrash metal, che se fosse uscito venticinque anni fa, probabilmente oggi verrebbe ricordato come uno dei dischi più importanti del genere, riuscendo ancora oggi a suonare fresco e piacevole, grazie alla sua sfacciata irriverenza. Per una volta, quindi, l’utilizzo della macchina del tempo ha dato ottimi frutti, perché il principale elemento ripescato dai Mantic Ritual nagli anni ottanta non è tanto il suono o i riff, ma l’ingrediente fondamentale se si vuole proporre thrash ad alti livelli, ovvero l’attitudine. E lasciatemelo dire, questi giovanissimi ragazzi ne hanno da vendere.
Line up:
Dan Wetmore: guitar and vocals
Jeff Potts: guitar
Ben Mottsman: bass
Adam Haritan: drums