Funkadelic
Free Your Mind... And Your Ass Will Follow

1971, Westbound
Rock

Recensione di Giovanni Capponcelli - Pubblicata in data: 04/06/09

Riassumere in poche parole la vita musicale di George Clinton è impresa ardua: nato a Kannapolis nel 1940, dopo 40 anni di carriera il leader di Parliament e Funkadelic è oggi una sorta di tardo santone iperspaziale e multicolore, il cui verbo è diffuso anche dal suo divertente sito internet omonimo.

Il primo interesse musicale del Nostro risale agli anni ’50, quando si dedica al  “doo-wop” (ricordate i Platters?), per poi organizzare nel ’55 la prima incarnazione dei Parliament: una sigla che attraverso cambi clamorosi di formazione e di genere musicale, sarà portata avanti fino agli anni ’80. Il gruppo si ritrova per cantare nel retrobottega del negozio di barbiere in cui Clinton lavora nel New Jersey. La prima piccola hit del gruppo, nel frattempo alle prese con il RnB, è del ’67 e porta il titolo di (I Wanna) Testify; sfortunatamente, come ci ricorda Indiana Jones, è proprio quando sei “a pochi passi dalla meta che il terreno ti frana sotto i piedi” e dopo divergenze con i discografici della Revilot Records, Clinton accantona (temporaneamente) il progetto Parliament. Del resto era la fine degli anni ’60 e ogni settore culturale d’America era come in fibrillazione; per adeguarsi agli Hendrix, agli Sly and Family Stones, alla scena di San Francisco, Clinton decide che è ora di organizzare un gruppo elettrico a base rock, con una forte componente politica e sociale, per dire la sua nel campo dei diritti degli afroamericani e favorire, partendo dalla musica, e dal funk in particolare, l’emancipazione di un popolo. Nascono così i Funkadelic, nome suggerito dal bassista Billy Nelson che programmaticamente si propone di condividere gli ideali della “rivoluzione psichedelica” da un punto di vista rigorosamente “black”. Sono della partita, oltre allo stesso Nelson e a Clinton: il ventenne chitarrista di New York Eddie Hazel; Lucius "Tawl" Ross, anch’egli chitarrista; il batterista Ramon "Tiki" Fulwood da Philadelfia e i tastieristi Mickey Atkins e Bernie Worrell, oltre a una schiera non meglio identificata di cantanti e coristi tanto da costituire, più che un gruppo ben definito, una comune hippy. A questo punto inoltre la discografia si complica ulteriormente perchè all’inizio dei ’70 gli stessi musicisti incideranno sia a nome Funkadelic, sia a nome Parliament, entrambi con il comune denominatore della produzione e della “direzione spirituale” di Clinton. Ad ogni modo, i Funkadelic firmano per la neonata Westbound Record di Detroit, per cui incidono tra il ’70 e il ’72 ben 4 album (in tutto saranno 7, prima di cambiare etichetta nel 1976). Questi primi 4 lavori godono di un’ottima continuità e si fregiano delle qualità musicali non comuni di alcuni membri del gruppo.

Free Your Mind... A Your Ass Will Follow” con una copertina non meno provocatoria del titolo, è il secondo del lotto, esce nell’ottobre 1970, quasi in contemporanea con il primo lavoro, raggiungendo la posizione n° 11 della classifica “Black Album” di Billboard. Come l’album precedente è il frutto di sedute di incisione volute e progettate da Clinton come fossero degli “acid test” in presa diretta; molti pezzi suonano come “live in studio”: vuole la leggenda (che non siamo certo qui per smentire) che l’intero album sia stato registrato in un solo, intero giorno (o notte) di acido. Tra i primi LP questo è sicuramente il più metallico, non nel senso di “metal” (genere musicale) ma proprio nel senso del materiale: immaginate un ribaltabile che scarica 2 tonnellate di tondini d’acciaio su una pila di lattine vuote di birra Duff: più o meno avrete identificato il sound di fondo del disco, che è grezzo, registrato (volutamente?) male, privo di tridimensionalità eppure diretto ed efficacissimo. Oltre agli strumenti canonici se ne aggiunge un altro: l’amplificatore, usato costantemente come elemento musicale aggiunto, al massimo del volume, tanto da poterne sentire il ronzio, come un lieve rumore bianco di fondo. Che genere di musica si srotola su questo background? Non saprei, veramente; mi appoggio a ciò che risponderà il sassofonista Joseph Jarman alla domanda su cosa suonasse l’Art Ensemble of Chicago : “Great Black Music”; definizione solo in prestito, ma efficace. Diversamente bisogna riferirsi alla più criptica indicazione del produttore tra le note di copertina “A parliafunkadelicment thang”.

La title track è un mantra ossessivo, ripetuto per dieci minuti, ma ripetibile volendo all’infinito, senza un inizio o una conclusione, una specie di esperimento di free rock, per dare corpo alla citazione di Jarman (che poi suonava free jazz…); un salmodiare in cui voce e strumenti non seguono una linea precisa ma piuttosto improvvisano in società, con contorno aspro di rumori, effetti di elettronica rudimentale e LSD come piovesse; il nocciolo del testo è fulmineo “Free your mind and your ass will follow / The kingdom of heaven is within”: l’esortazione al limiti del buongusto è bilanciata dal misticismo fantascientifico di Clinton. Cominciamo però a fare la conoscenza con i due fulcri del sound: la chitarra hendrixiana di Hazel e le tastiere iper-distorte di Worrel, il quale, a circa tre minuti dalla fine, piazza una specie di assolo che è in realtà la riproposizione ossessiva di un brevissimo pattern (in perfetto parallelismo con il testo della canzone). Il brano porta la firma di  Clinton, Hazel e Ray Davis (uno dei tanti “vocalist” del gruppo).

Introdotta dagli accordi di Hazel sul tappeto sonoro dell’hammond, ecco “Friday Night, August 14th”, che poi sfocia euforicamente in un riff molto hard del chitarrista, in stile Foxy Lady (ma se volete divertirvi con l’Hard ascoltate Red Hot Mama sul primo coevo LP dei Parliament); martellante quanto basta e aggressivo nella linea vocale di Billy Nelson, il brano risplende per il lavoro ritmico e solistico della Stratocaster del Newyorkese, in piena trans nell’ assolo tutto di “wha-wha” che si esaurisce nel break percussivo di Tiki Fulwood, doppiato da un’eco smodata.
Nuovamente in zona “Hendrix cattivo” l’intro di “Funky Dollar Bil”l, traccia realmente hard-funk ancora a firma Clinton, Hazel, Davis; qui è Worrel a rubare la scena con un piano elettrico che suona come un enorme carillon scordato, su cui il tastierista elabora un assolo che sembra una parodia di Gershwin fatta da un teppista drogato. Bello. Non basta: al minuto 2:17, sezione ritmica e tastiere tacciono, parte il declamato di Davis in duetto con Hazel: "It'll buy a war/It will save a land/It pollutes this air/In the name of wealth/It'll buy you life/But not true life/The kind of life/Where the soul is hard; il tutto prima del rave-up finale sul ritornello “Funky dollar bill, U.S. dollar bill” ripetuto sette volte. Molto bello.

E’ evidente da queste tracce l’intesa e la coesione di chitarrista e tastierista che trovano una via di fare rock tutta personale, diametralmente opposta tanto al neoclassicismo Blackmore-Lord che al sofisticato minimalismo di Karoli-Schmidt dei Can; in particolare: se i duetti dei solisti dei Deep Purple sono delle sfide a scherma di lord inglesi, gli scontri Hazel-Worrel sono una rissa in un pub del Bronx. L’apice del duello si raggiunge all’inizio del lato B, con “I Wanna Know If It's Good To You”, dove i due si suonano letteralmente uno sopra l’altro e uno contro l’altro, in una valanga di effetti, di feedback, di noise industriale; tutto sotto l’andamento imperturbabile di una solida sezione ritmica.
“Some More”, d’altro canto, è un pezzo divertente, caratterizzato da voci filtrate e indistinguibili che mormorano una canzoncina che potrebbe essere anche degli Herman’s Heremit o di qualunque altro complessino da classifica; c’è addirittura un chorus che sarebbe orecchiabile ("I've got headache in my heart, heartache in my head"), se non si disperdesse nel vuoto di un frana di batteria satura di eco; il brano finisce e riparte tre volte, ma Worrel trova il tempo di piazzare un assolo finale di routine all’organo.

Il bizzarro arriva alla fine, ed è puro stile Clinton: “Eulogy and Light “è il nuovo esperimento free rock propulso da LSD e quasi senza strumenti. Si tratta di un sermone del “leader artistico”, declamato con voce profonda e passione teatrale in puro stile “spoken word”, dove il testo è recitato e non cantato; il tutto inserito sopra al nastro di un vecchio brano del gruppo (Open Our Eyes) suonato al contrario. Ce n’è abbastanza per andare fuori di testa… Le parole sono un’ inestricabile ragnatela di visioni frammentarie prodotte dalla droga ("For there, now near/Here now, gone, alone/I feel my wrist, it flicks the switch/No lights reveal the room or me"). A metà del brano passano quasi inosservati due lampi chitarristici immersi nel mix, che sono un’ideale pre-echo del capolavoro che verrà, Maggot Brain.

“Great Black Music”, senza dubbio. Fortemente politicizzata più nell’aspetto musicale che non letterario; fatta per provocare e per sperimentare. Clinton rivendica fortemente una fetta di quella rivoluzione sessuale, culturale, sociale (e poi metteteci quello che volete voi) che nel ’67 era stata appannaggio soprattutto di giovani borghesi bianchi. Il gruppo farà seguire a Free Your Mind un album che è considerato il capolavoro del periodo: Maggot Brain, titolare di uno dei migliori assoli di chitarra del rock “classico” (il migliore, a giudizio di chi scrive). Del resto, che Hazel sia, assieme a Terry Kat dei Chicago, il chitarrista più sottovalutato dell’epoca è ormai un dato di fatto: con questo album e con Maggot Brain sarebbero potute venir meno molte convinzioni, sia dei fans che dei critici; ma questa è un’altra storia.



01. Free Your Mind and Your Ass Will Follow
02. Friday Night, August 14th
03. Funky Dollar Bill
04. I Wanna Know If It's Good to You?
05. Some More
06. Eulogy and Light

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