Daylight Dies
Dismantling Devotion

2006, Candlelight Records
Doom

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 28/03/09

Ci sono voluti quattro anni agli americani Daylight Dies per dare un seguito al debutto discografico avvenuto con "No Reply". Quattro anni in cui i nostri hanno cambiato label, passando dalla Relapse alla Candlelight, e focalizzato al meglio le potenzialità della propria musica, racchiudendo in "Dismantling Devotion" un universo plumbeo e affascinante, tutto da scoprire.

In "Dismantling Devotion" i Daylight Dies danno un leggero freno alle pulsioni che animavano il disco precedente, rendendo più lineare e corposo il songwriting, standardizzando in un certo senso la proposta, senza però privarne di contenuti, anzi conferendo ai brani una sontuosità e una delicatezza palpabili sin dalle prime battute. Un doom/death che, pur rifacendosi ai canoni del genere, riesce a catturare la sensibilità dell'ascoltatore grazie a melodie malinconiche, incalzanti, "leggere" all'udito ma tremendamente pesanti nell'animo, in cui la grande abilità dei due chitarristi Barre Gambling e Charlie Shackelford nel creare tappeti chitarristici di notevole spessore, ricamandoci poi sopra litanie acustiche eleganti e lead guitars sempre precise, gioca un ruolo fondamentale, riuscendo ad ampliare con soluzioni semplici ma efficaci l'ampio spettro emotivo di Dismantling Devotion. Fanno il resto una buona personalità, tale da conferire un tocco abbastanza originale al tutto, una produzione eccellente, ma soprattutto una grande ispirazione che pervade Dismantling Devotion, che si stempera nei suoi cinquanta minuti e oltre, senza la quale non si va da nessuna parte.

Ispirazione che viene mostrata in tutta la sua bontà gia nell'opener A Life Less Lived, dotata di un feeling toccante e di ottimi passaggi in cui il sound robusto dei nostri si incontra alla perfezione con malinconiche chitarre acustiche, una sorta di filo conduttore di un brano impeccabile. Potrei soffermarmi sulla spigolosa Dead Air se non fosse seguita dalla terza A Dream Resigned, la canzone a mio avviso più completa ed emozionale dell'intero album, una cavalcata attraverso visioni sofferte e decadenti, in cui i Daylight Dies mettono in mostra tutto il proprio potenziale, con il nuovo arrivato Nathan Ellis a ruggire ferocemente dietro al microfono conferendo al proprio growl anche un'espressività molto buona. Una qualità generale che rimane inalterata passando alla seguente All We Had, ancora una volta ricca di picchi emotivi elevatissimi, senza però rinunciare alla potenza del brano, garantita da distorsioni adeguate sia nella pulizia d'esecuzione che nella "ruvidezza" del suono. La quinta Solitary Refinement ha il pregio di smorzare i toni, con un mood più rilassato (ma sempre opprimente) segnata dalle clean vocals -in stile Mikael Åkerfeldt- di Egan O'Rourke. Un disco quindi che si mantiene costantemente a grandi livelli, che si può permettere, con Strive to See, di proporre il brano meno efficace della scaletta (che rimane comunque un signor pezzo) per arrivare ad un'altra hit, Lies that Bind; traccia ben strutturata, sofferta, dinamica, con refrain e assoli commoventi e ottimamente realizzati. Come degna conclusione è posta infine la strumentale title-track Dismantling Devotion, sette minuti in cui non si sente la mancanza delle parole, basta e avanzano le toccanti melodie del brano.

Siamo appena al secondo disco, ma i Daylight Dies sembrano aver prenotato un posto tra i grandi del genere; un posto che per poco non li vede gia seduti fra di loro ma che è lì pronto per poter essere occupato quanto prima, dal momento che i nostri sono gia al lavoro per il seguito di Dismantling Devotion. Per ora godiamoci questo album... e non è affatto poco.



01. A Life Less Lived

02. Dead Air

03. A Dream Resigned

04. All We Had

05. Solitary Refinement

06. Strive to See

07. Lies that Bind

08. Dismantling Devotion

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