Hermh
Cold+Blood+Messiah

2009, Regain Records
Black Metal

Recensione di SpazioRock - Pubblicata in data: 27/06/09

Recensione a cura di Sergio Vinci

 

Attivi da più di quindici anni, i polacchi Hermh confezionano il loro quarto album in studio (escludendo demo, ep, ecc), e lo fanno compiendo dei piccoli passi in avanti rispetto ad un passato musicale dignitoso, ma che finora ha lasciato poco il segno, ed è facile intuire il perché. Infatti il maggior difetto di questa band, che suona a grandi linee symphonic black metal, è sempre stato quello di proporre dei dischi ben fatti, suonati bene ma del tutto privi di personalità. Sono quindi felice di constatare che, in questa nuova circostanza, abbiano almeno cercato di sforzarsi in questo senso, e se è vero che ancora una volta il loro sound non può che rimandare a band come Dimmu Borgir, ultimi Emperor (soprattutto per un certo tecnicismo quasi “progressivo”), e soprattutto Old Man’s Child, la loro proposta, in generale, non sa tuttavia di plagio vero e proprio, ma in qualche modo finalmente può godere di luce propria.

Questo però non esclude le diverse pecche e limiti di quest’opera e di questa band. A mio avviso gli Hermh fanno tanto baccano per nulla (usando un eufemismo), ma per baccano non intendo di certo che non sappiano maneggiare i propri strumenti, anzi, o che non eseguano il loro compito bene sotto il profilo “estetico”, ma alla fine dell’ascolto di questo “Cold+Blood+Messiah” personalmente, non mi è rimasto praticamente nulla.  Né a livello di canzoni in qualche maniera degne di essere ricordate, né di sensazioni profonde, che un album di questo genere dovrebbe saper procurare.
Tanta la carne al fuoco, ottima la produzione, un plauso particolare al drummer Konrad, che si candida ad essere uno dei migliori nel suo genere (oltre che tra i più riusciti cloni del mastodontico, in tutti i sensi, Nicholas Barker) grazie ad una prova furiosa e tutto sommato varia ma, per farla breve, mancano le canzoni, e scusate se è poco.
Nel piatto la band mette comunque a disposizione un paio di pietanze un po’ più saporite, come l’evocativa “Eyes of the Blind Lamb”, che si apre con azzeccati cori (che ritroviamo comunque sparsi un po’ dappertutto) sviluppandosi poi in un brano sinfonico d’assalto che sembra arrivare direttamente da “Death Cult Armageddon” dei soliti Dimmu Borgir, e la velocissima “Sin Is The Law”, banale ma distruttiva.

Concludendo, chi apprezza la parte più sinfonica del black metal (ma sarebbe meglio in questo caso parlare di extreme metal, dati anche gli innumerevoli influssi death e thrash), può prendere in considerazione l’acquisto di questo album. Se invece chi legge pretende dal black metal tutte quelle cose che non ho nominato parlando di questo disco, ne stia alla larga.





01.Hairesis
02.Instrumentum Diaboli
03.Eyes of the Blind Lamb
04.Lord Shall Be Revealed
05.I Bring You Fear
06.Sin Is The Law
07.Gnosis
08.Who Can Be Against Us
09.In My Flesh I See God

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