Steppenwolf
Steppenwolf

1968, Dunhill
Rock

Recensione di Giovanni Capponcelli - Pubblicata in data: 10/09/09

Quello degli Steppenwolf è un destino strano. Un gruppo che ha prodotto Born to Be Wild, primo vero anthem rock, hit tra le più straordinarie non solo del suo tempo, citatissima e coverizzata da chiunque; un gruppo che ha contribuito alla nascita dell’espressione stessa “Heavy Metal”, è ormai da tempo piombato nel più totale oblio. Colpa forse di quella canzone, troppo straordinaria e irripetibile per non offuscare addirittura tutta quanta una carriera.

La loro storia comincia nella lontanissima Germania Est, dove nel 1944 nasce Joachim Krauledat; emigrato come rifugiato a Toronto nel 1958, col nome di John Kay, comincia a formare e sciogliere band di rock n’ roll; l’ultima, The Sparrow, arriva ad incidere alcuni singoli nel 1966:"Tomorrow’ship/Isn’t it strange" è un 45 giri che imita sfacciatamente la nuova scena psichedelica con voci filtrate, nastri al contrario, chitarre reggae. Non sfonda. John Kay non si da per vinto e si trasferisce a Los Angeles con la band. Qui incontra il produttore Gabriel Melker e l’etichetta Dunhill: nascono gli Steppenwolf. Nel frattempo, fallito l’arrembaggio all’ acid rock, Kay si costruisce un immagine diversa, abbracciando in pieno moda e modi da biker, giubbotti di pelle nera, occhiali neri, borchie e Harley-Davidson: improponibile per il mercato hippie, ma pronto a tracciare una strada per il nascente hard & heavy americano (Blue Cheer, Grand Funk, Bloodrock…). Il gruppo è con lui e l’esordio omonimo è fulminante. Il disco sarebbe oggi degno di essere citato a fianco dei coevi lavori di Cream, Rolling Stones e Hendrix ma il successo tremendo di "Born to be wild" e "The Pusher", inserite poi nella colonna sonora di Easy Rider, sommerge il gruppo stesso e ne fa manifesto di una stagione che non resisterà all’usura del tempo. E’ un peccato perche tutto il lavoro si mantiene su standard ottimi (ben meglio del gemello di sventura "In a Gadda da Vida", Iron Butterfly): con il beat incessante di "Sookie Sookie" e "Everybody's Next One", memori degli Who più scatenati, l’Heavy Blues di "Hoochie Coochie Man" (cavallo di battaglia di Muddy Waters), distorto e pesante, con la cavalcata finale di T"he Ostrich", che sotto un manto di chitarra hard non si scorda un accattivante refrain da Sub-Pop. I musicisti sono tutto fuorchè virtuosi, eppure ci mettono cuore e passione arrivando ad un sound che anticipa a tratti i Crazy Horse capitanati da Young; Kay è discreto chitarrista blues e cantante espressivo, a tratti teatrale; Jerry Edmonton, la seconda mente del gruppo, è una specie di Charlie Watts yankee, semplice ma immacolato; l’organo, preistorico nel suono, è gestito con parsimonia ed efficacia da Goldy McJohn, uomo che in quanto a capelli non teme confronti nemmeno con il voluminoso Noel Redding. Se "Born to be Wild" e "The Pusher" (immortali i riff: scatenato il primo, ipnotico il secondo) sono le vette incontrastate dell’album, Y"our Wall's Too High" e "Desperation" (rimaneggiata da Chasin' Shadows degli Sparrow) sono le gemme nascoste firmate dal buon songwriting di Kay; la prima: un divertente blues scalcagnato con piano barrelhouse che evolve poi in un incessante riff hard, passando per un refrain molto pop, impreziosito da percussioni samba; la seconda: prototipo di hard ballad maliconica, sulla stessa linea evolutiva di "Tuesday's Gone" (Lynyrd Skynyrd) e "Child in the Sun" (Nazareth). La produzione è ottima nell’evidenziare il suono “grunge” delle chitarre di Kay e Monarch e nel dare risalto alle appassionate tirate del cantante, già in odore dei sermoni politico-sociali di Monster (1970): esplicite le parole di The Ostrich: "Don't criticize the father land/Or those who shape your destiny/'Cause if you do/You'll lose your job your/mind and all the friends you knew/We'll send out all our boys in blue/They'll find a way to silence you"

Siamo di fronte all’album che inaugura la grande stagione del “classic rock” dei Seventies; a suo tempo un successo e vale ancora la pena di ascoltarlo, se non altro per il famigerato verso di "Born to be Wild ": “I like smoke and lightning / Heavy metal thunder”.

Heavy metal, aspetta…dove ho già sentito queste parole..?



01. Sookie Sookie   
02. Everybody's Next One 
03. Berry Rides Again  
04. Hoochie Coochie Man  
05. Born to Be Wild  
06. Your Wall's Too High  
07. Desperation   
08. The Pusher   
09. A Girl I Knew   
10. Take What You Need  
11. The Ostrich

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