Nel tentativo coraggioso di riportare in musica la complessità del nostro cervello, e la vastità della nostra mente, i Dysrhythmia in questo “Psychic Maps” purtroppo non riescono ad essere incisivi quanto basta. Anzi, precisiamo: hanno cercato di essere fin troppo incisivi, eccedendo in esercizi di tecnica, virtuosismi, cambi di tempo furiosi, dissonanze e percussioni martellanti. Il risultato?
Immaginatevi la nostra mente, mentre ci lasciamo andare nel cosiddetto flusso di coscienza: pensieri che vagano in libertà, ma che si scontrano con altri, ed altri ancora, fino a sovrapporsi … al punto che non si capisce più niente e si perde totalmente il filo dei pensieri.
Questo è il risultato che si ha ascoltando quest’album: a volte gli strumenti si sovrappongono in modo disordinato e un po’ troppo caotico, rendendoti molto difficile ed arduo l’ascolto, ad esempio in “Lifted By Skin” o nella canzone “Festival Of Popular Delusions”. Poca traccia di melodia che ci susciti anche un po’ di freschezza e ariosità, rintracciabile solo nel brano “Iron Cathedral”, un po’ più “semplice” e più accessibile rispetto agli altri brani del trio americano. Un lavoro troppo soffocante per essere ascoltato tutto d’un fiato. Come un medicinale potente, occorre prenderlo a dosi molto molto piccole.
Non si mette certamente in dubbio il talento e le capacità tecniche del trio statunitense, ma questo lavoro rischia seriamente di essere lasciato da parte per la troppa complessità e la troppa poca comprensibilità.