My Chemical Romance
The Black Parade

2006, Reprise Records
Rock

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 23/09/09

Per una volta ho deciso di distaccarmi dai miei classici ascolti per dedicare spazio ai My Chemical Romance, una band che non ha mancato di suscitare qualche piccolo interesse, soprattutto grazie a quella che personalmente ritengo una delle più efficaci canzoni mainstream-rock degli ultimi anni, il fortunato singolo di lancio "Welcome To The Black Parade". Abbandonate le sonorità emo-punk predominanti fino al precedente "Three Cheers For Sweet Revenge", è quello del rock il territorio in cui sconfina la band con "The Black Parade", concept album datato 2006 che, nonostante affronti un tema piuttosto cupo come quello della morte, rivela una certa positività di fondo.
 

"The End" è una breve intro che funge da apripista, ma è con la seconda traccia che il divertente ma allo stesso tempo riflessivo show dei My Chemical Romance prende vita. "Dead" è una canzone decisamente rock dagli accenni punk sorretta da riff mai banali. Con "This Is How I Disappear" i toni diventano leggermente più pesanti, e la performance vocale del singer Gerard Way, eterno rivale di Ville Valo (HIM) nei cuori delle adolescenti finto-dark in piena tempesta ormonale, si fa più melodica nel cercare un ritornello potente ma "catchy" al punto giusto, fino a diventare più aggressiva nel bridge, dove le chitarre spingono al massimo, aiutate da una batteria martellante. "The Sharpest Lives", invece, si mostra più canonica e pop-oriented rispetto agli episodi che l'hanno anticipata: questa svolta non è del tutto congeniale, perché il ripetersi del ritornello per così tante volte di seguito può anche rendere una canzone noiosa e ripetitiva.


"Welcome To The Black Parade" è il miglior brano dell'album: un crescendo continuo, che dall'intro a base di note pianistiche passa per ritmi marziali scanditi dalla batteria fino ad arrivare ad un energico e canticchiabile ritornello e ad una conclusione pomposa in stile Queen. C'è spazio anche per una rock-ballad spudoratamente mainstream tutto sommato carina: "I don't Love You". "House Of Wolves" sembra invece rubata ad un qualsiasi altro gruppo della scena punk rock americana, e, nonostante la sempre singolare prestazione vocale di Gerard, non mi ha convinto particolarmente. La malinconica "Cancer" si avvicina ad una dimensione da musical in salsa rock: piacevole, nonostante la scarsa durata. "Mama", con il suo gusto retrò (mi verrebbe da dire cabarettista), cattura sin da subito l'attenzione, vuoi per dei frizzanti suoni di tastiera contrapposti un tappeto di chitarre al limite dell'hard-rock, vuoi per le sue linee vocali sempre sopra le righe. "Sleep" è un'altra canzone rock dalla lacrima facile e dal refrain abbastanza tirato, tuttavia meno particolare rispetto alle precedenti. Piccola tentazione di plagio in "Teenagers", dove fa capolino una vena molto allegra e decisamente offspringhiana. "Disenchanted" è forse un tributo alle sonorità più romantiche che hanno caratterizzato il passato della band e, che, purtroppo, ricorrono solo in questo episodio, uno tra i migliori del disco con le sue chitarre acustiche, gli archi in sottofondo e il ritornello dal mood malinconico. "Famous last words" è un altro rock-anthem piuttosto affabile, ma è una brevissima traccia nascosta ("Blood") a chiudere l'album: qui i My Chemical Romance tornano a fare gli intrattenitori da palcoscenico, palesando così la propria vena autoironica.


Un album divertente, vario e ben suonato questo "The Black Parade" che, pur nella sua esplicita commerciabilità, si lascia ascoltare, tra l'altro con alcuni momenti incredibilmente piacevoli (anche se una durata ridotta e l'eliminazione di alcuni brani superflui l'avrebbero reso ancora più godibile). Non la copia dei Green Day di "American Idiot", non la versione emo dei Blink 182, ma semplicemente una risposta qualitativa a tutte le pseudo-punk band che tanto hanno spopolato tra i teenager negli ultimi 10 anni. Alla band, che, grazie ad un discreto bagaglio tecnico e a delle influenze incredibilmente variegate (si va dal classic metal al mainstream-rock, dall'emo-punk agli anni ‘70), ha saputo rimaneggiare in maniera più che convincente una formula che aveva già fatto (senza i giusti meriti) la fortuna di altri, va un meritato applauso.





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