Diamond Head
Lightning To The Nations

1981, Woolfe Records
Heavy Metal

Recensione di SpazioRock - Pubblicata in data: 24/09/09

Recensione a cura di Cesare Vaccari

Penso che chiunque ascolti Heavy Metal conosca i Diamond Head, fosse solo per le decine di band che, più o meno consciamente, hanno attinto dal loro repertorio: prima fra tutte Metallica (e non mi riferisco solo alle cover...).
I quattro di Stourbridge, West Midlands (Sean Harris vocals, Brian Tantler guitar, Colin Kimberly bass, Duncan Scott drums), prendendo il nome da un album di Phil Manzanera iniziano la loro carriera discografica nel 1980 con una serie di singoli interessanti e pubblicando il 4 tracks "Diamond Lights" nel 1981.
La caratteristica principale che li distingue dalle altre band inglesi loro contemporanee è sicuramente la voce di Harris, a tratti sospirata, quasi bluesy, dal tono particolare, sofferto e dall'estensione non comune.
Certo la cosa non è priva di lati negativi; infatti una voce così particolare spiazza chi è abituato alle classiche voci dell'hard rock ed inizia ad apprezzarla solo dopo alcuni ascolti; ma passato il disorientamento iniziale è evidente che ci troviamo di fronte ad un grande (un po' quello che succede ascoltando i Cirith Ungol).
Sempre nel 1981 i Diamond Head stampano in 2000 copie il loro primo album, autoprodotto,  intitolato "The White Label Album", proprio perchè l'etichetta del vinile è bianca, ribatezzato dalla Woolfe Records tedesca, che lo ristamperà più o meno all’insaputa della band, "Lightning To The Nations" (il disco verrà successivamente pubblicato anche dalla Metal Blade nel 1992 e e successivamente ristampato anche con il nome di "The White Album").
Inizialmente l'album è venduto solo ai concerti e una piccola parte, autografata dalla band, è messa in vendita dalla rivista Sounds a 3,50 sterline. Guarda caso, uno dei primi ad acquistarne una copia è un entusiasta fan americano, un certo Lars Ulrich.


Il disco parte subito con la title track e ci si rende immediatamente conto che stiamo ascoltando qualcosa che va oltre le aspettative; "Diamond Lights" era un bell'EP, ma questa è pura dinamite.
La prima cosa che colpisce è la frequenza dei cambi di tempo e dei riff; se cercate dei mid-tempo che si trascinano invariati per 3/4 minuti, allora questo non è il disco per voi. Citando la recensione di Sounds dell’epoca: “ci sono più riff in una canzone dei Diamond Head che in un album completo dei Black Sabbath”.
L’album è un susseguirsi di canzoni indimenticabili: “Helpless”, “Suckin' My Love”, “The Prince”, “It's Electric”, “Sweet And Innocent”, etc.;  ciascuna di queste colpisce per la carica, la velocità, la dinamica e per la freschezza degli arrangiamenti.
Ogni elemento della band è incastrato nell'ordito delle canzoni in maniera impeccabile; la voce di Harris, sempre brillante e sofferta, duetta con la chitarra di Tantler, dal gusto raffinato che riesce a trovare sempre la nota giusta, sia negli assoli che nei riff sotto il cantato. Il tutto sorretto da una sezione ritmica potente e precisa, mai virtuosa, ma che ha studiato ogni colpo di rullante e ogni nota del basso in modo che il risultato sia perfetto.

Il lato B si apre con l'incedere maestoso e cupo di "Am I Evil?", che ricorda l’incedere del Bolero di Ravel; del resto nessun genere si sposa così bene con la musica classica come l'Heavy Metal.
Nel momento più oscuro dell'intro, quando Tantler sembra aver finito il manico della chitarra, a meno di abbassare di un tono l'accordatura, ecco un raggio di luce. E' sempre Tantler a fornirlo, con un legato cristallino, perfettamente eseguito (Van Halen insegna) che porta la canzone sul binario dell’ "alta velocità". Il riff che segue è uno dei più riusciti  (e più plagiati) della storia del Metal; al tempo stesso graffiante, potente e immediato (avete presente “Symptom OfTthe Universe” dei Black Sabbath?). Ma il colpo di genio, a modesto parere del recensore, è nella scelta della sezione ritmica; l'entrata cadenzata, in levare, che tira indietro, come direbbe qualche mio amico musicista, aumenta la tensione in maniera quasi insostenibile: sai che arriverà una mazzata, ma non sai quando.
Finalmente, tutta la band entra sul tempo in battere, raddoppiato rispetto all'entrata, ed è una vera e propria liberazione, che fa saltare sulla sedia, imbracciando la nostra immaginaria sei corde.
La seguente “It's Electric”, nonostante sia uno dei pezzi più riusciti della band, risulta ben poca cosa dopo quello che abbiamo passato.
"Suckin My Love" è un altro monumento alla NWOBHM; cambi di tempo, riff al fulmicotone, atmosfere rarefatte e inquietanti, tutto in una sola canzone. Consiglio di ascoltare la versione live di questo pezzo, uscita come retro del singolo "Electric Phase", tratto dall'album Canterbury.

Non aggiungerei altro alla recensione di questa pietra miliare della NWOBHM, se non che i Diamond Head esistono ancora e anche in questo nuovo millennio si sono fatti sentire con alcuni nuovi album. Il più recente, “What’s In Your Head”, è anche di buona qualità, nonostante della formazione originale sia rimasto solo Brian Tantler.
Quindi la storia continua…





01. Lightning To The Nations
02. The Prince
03. Sucking My Love
04. Am I Evil
05. Sweet and Innocent
06. It's Electric
07. Helpless

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool