Borknagar
Urd

2012, Century Media
Avantgarde Metal

“Urd” è un oceano di sensazioni che ricava energia dalle radici della terra
Recensione di Fabio Petrella - Pubblicata in data: 06/04/12

Quello dei Borknagar è un concetto di musica universale. Øystein Garnes Brun me lo immagino raccolto in un antro cavernoso, curvo sopra una tavola piallata a mescolare elementi in una confusione di atanorri, ampolle dal contenuto screziato, serpentine e calderoni dove fumigano sostanze inebrianti che volteggiano in scie biancastre nella volta bassa e umida della grotta. Secondo la tradizione volgare, gli alchimisti erano coloro che, impastando scienze chimiche e filosofiche, puntavano attraverso esperimenti bizzarri a tramutare i metalli vili in oro. In realtà, l’obiettivo esistenziale dei successori di Ermete Trismegisto - autore del Corpus hermeticum - si realizzava in un progetto esclusivamente spirituale. Gli alchimisti, difatti, ambivano a svelare i misteri della vita e della morte, ad acquisire l’onniscienza, per potersi sostituire a Dio stesso. Una sperimentazione cosmica che può essere accostata all’indagine musicale dei nostri artisti norvegesi, da sempre alla ricerca di sonorità d’avanguardia.
 
Così come il ciclo astrale della Terra è spezzettato in eoni di creazione e disfacimento, allo stesso modo i Borknagar hanno vissuto momenti di abbacinante luminescenza affiancati da periodi di titubanza, tra cambi di line-up e momenti di ispirazione alternata. A due anni di distanza dal precedente (e fiacco) “Universal” esce “Urd”, disco di assoluto capogiro emotivo, che segna anche il ritorno dietro al microfono, dopo dodici anni, del tanto amato ICS Vortex (in comunione di voce con Vintersorg). L’impianto e il lirismo visionario sono forti e presenti come nella gran parte dei lavori passati dei norvegesi. Le nove tracce suonano incantevoli e paurose come l’esplosione di una supernova (“Epochalypse”, “The Earthling”), dolci e romantiche al passo fatale della decadenza terrena (“The Beauty Of Dead Cities”, “The Plains Of Memories”) ma anche gelide - alla stregua degli esordi – con l’esplorazione verticale e fredda delle montagne nordiche dardeggiate dai lampi dell’aurora boreale (“Mount Regency”, “Frostrite”, “The Winter Eclipse”). L’album è un continuo divenire e vacilla di tensione giusto in qualche passaggio, dove le sapienti tastiere di Nedland e le chitarre trepidanti intervengono a ristabilire l’equilibrio gravitazionale. Il full-length, come detto, rievoca temi cari alla band e il tratto nichilistico della condizione umana, iscritto nella concezione di una natura sovrana, si afferma in conclusione come un lascito profetico (“In a Deeper World”). La limited edition comprende due brani in più: “Age Of Creation” e “My Friend Of Misery”, cover dei Metallica.
 
“Urd” è un oceano di sensazioni che ricava energia dalle radici della terra; un’opera che nel suo confezionamento ultimo appare come un prodotto che rasenta la perfezione. I brani, tra alti e bassi, non si discutono, e i suoni sono calibrati e cristallini; il songwriting si adagia in un verismo fantascientifico e la cover, dalle reminiscenze tribali, ben si amalgama al contesto, perché anche l’occhio vuole la sua parte. Una volta completato il puzzle descrittivo, a Nicolas Flamel e compagnia bella dovrebbe apparire chiaro come il composto principale della pietra filosofale non sia la quintessenza, ma la musica universale dei Borknagar.




01. Epochalypse
02. Roots
03. The Beauty Of Dead Cities
04. The Earthling
05. The Plains Of Memories
06. Mount Regency
07. Frostrite
08. In Winter Eclipse
09. In A Deeper World

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool