Killing Joke
MMXII

2012, Spinefarm Records
Alternative Rock/Industrial

Un tuffo nel passato per i fan storici e un disco eccellente per avvicinare le nuove generazioni ai Killing Joke
Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 15/04/12

Sostenere che i Killing Joke abbiamo lasciato un segno (bello grosso), nella storia della musica è come sfondare una porta aperta. Per avere una conferma più che certa basterebbe andare a chiedere a qualsiasi rocker non più giovanissimo, magari ad un Chris Cornell o ad un Dave Grohl qualsiasi, cosa ascoltasse da ragazzino: nell'elenco delle band preferite, i Killing Joke ci sono sempre! Nel corso di ben trentaquattro anni di carriera i Nostri hanno dato tanto al mondo della musica, attraversando varie fasi e vari generi, dal punk al metal, per approdare all'industrial rock degli ultimi tempi. “MMXII” non si discosta più di tanto dallo stile intrapreso da qualche anno a questa parte. Un mix di dark wave anni '80 e rock dalle fortissime tinte industrial che in fan hanno già imparato a conoscere ma che è sempre un piacere ascoltare, perché ad ogni album che si sussegue nella discografia del quartetto inglese la formula si rinnova via via che l'ascolto scorre. Ad ogni giro si nota un particolare diverso e il pericolo noia è scongiurato. A dar man forte ad un comparto musicale a dir poco eccelso, frutto di anni e anni di esperienza di songwriting, troviamo dei testi altrettanto azzeccati, tutti incentrati su temi di grande attualità, dai cambiamenti climatici ai conflitti mondiali e relative conseguenze. Ma di questo parleremo nel dettaglio tra poco.

La partenza di “MMXII”, decretata dalla lunghissima “Pole Shift”, pare quasi sommessa: una lunga intro composta dai synth introduce un'atmosfera funerea, oscura, estremamente dark, che non promette nulla di buono. Il brano è un mid-tempo che accelera durante il ritornello, letteralmente urlato dal frontman Jaz Coleman, per poi tornare a BPM nettamente più bassi durante le strofe. Oltre ai classici strumenti in sottofondo si possono sentire sirene di vario tipo, piccoli dettagli che aiutano a conferire al pezzo ancor più oscurità. Più o meno sulla stessa linea di condotta troviamo “Fema Camp”, che parte in sordina ma recupera ben presto e attira molta attenzione grazie alla melodia di chitarra che aliena l'ascoltatore aiutata da crescendo che dalla strofa porta ad un refrain velocissimo e a dir poco inquietante. Su “Rapture”, invece, si volta strada, si accelerano i ritmi e si odono gli echi delle radici punk dei Killing Joke in un inno alla dimensione live che, da un certo punto di vista, può essere interpretato come un'esperienza spirituale che porta al “rapimento” nel senso spirituale e religioso del termine.

“Colony Collapse” e “Corporate Effect” seguono la falsariga della precedente: due brani estremamente carichi che trasmettono un'intensa energia, benché riaffiori la componente dark wave che ha caratterizzato la produzione dei Killing Joke degli anni 80. Componente dark wave che diviene palese nella seconda parte dell'album, con “In Cythera” e “Primobile”: la prima è canzone atmosferica e dominata dal sintetizzatore che rimanda a due decenni fa, quando questo strumento era alla base di quasi ogni genere musicale, mentre la seconda, sebbene non si discosti stilisticamente dalla precedente, ha un mood un po' diverso, più cyberpunk, forse per via del synth che ricorda alcune opere inerenti a quella corrente, oltre alla colonna sonora di un vecchio videogioco la cui trama ha parecchio in comune con i testi di “MMXII”.

Si torna infine a premere l'acceleratore su “Glitch”, brano che segna una netta virata verso un certo industrial metal ormai quasi scomparso ma che è sempre piacevole riascoltare, mentre “Trance” stupisce con una struttura lineare che la fa assomigliare ad una canzone che con il rock non c'entra nulla (grazie agli effetti applicati agli strumenti si arriva ad ottenere un effetto che va oltre il concetto di industrial e sfocia nell'elettronica). Chiude la brevissima ed atmosferica “On All Hallow's Eve”, che riporta l'ascoltatore agli anni in cui la dark wave invadeva il mondo e lo rendeva più cupo. Una degnissima conclusione che riporta l'ascoltatore all'inizio e lo prepara, qualore ne avesse voglia, a ricominciare da capo.

Musicalmente parlando, quindi, “MMXII” è una normale continuazione del precedente “Absolute Dissent”, forse più organico e compatto, ma la continuità è più che palese. Più sopra avevamo accennato al fatto che i testi sono particolarmente azzeccati al tono così oscuro dell'album. Tutti incentrati sul concetto di “fine del mondo”, sul fenomeno del 2012 (da cui il titolo) e le relative profezie, analizzano il concetto da diversi punti di vista, a partire dalla teoria secondo cui i campi magnetici della Terra sono destinati a invertirsi (“Pole Shift”, appunto) fino ad un argomento molto caro ai teorici della cospirazione, ovvero i tanto temuti campi della FEMA (la Federal Emergency Management Agency, ovvero l'agenzia federale americana per la gestione delle emergenze, ente che riempie da anni gli incubi distopici di milioni di persone con l'inquietante immagine di veri e propri lager legalizzati su suolo americano).

Per chiudere, possiamo dire che la sostanza non manca, sia dal punto di vista musicale che lirico. Un tuffo nel passato per i fan ma anche un disco eccellente per avvicinare le nuove generazioni ai Killing Joke, proprio perché contiene tutti gli elementi che li hanno resi famosi e che hanno permesso loro di diventare una delle band più influenti dei tre decenni scorsi. Anche se siamo solo ad aprile, possiamo dire che “MMXII” è una delle migliori uscite dell'anno senza timore di smentita.





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