Lynyrd Skynyrd
God & Guns

2009, Roadrunner Records
Hard Rock

I Lynyrd Skynyrd tornano alla ribalta con una prova decisamente di qualità.
Recensione di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 25/09/09

Per fortuna che c’è qualcuno ancora in grado di fare musica che venga dal cuore, che sappia emozionare anche con poche note, portando nella musica la stessa semplicità e quotidianità che si respira nelle praterie americane. A volte basta veramente poco per poter produrre, dopo anni ed anni di onorata carriera, un disco veramente godibile ed efficace, senza risultare anacronistici o fuori luogo.

Gli americani Lynyrd Skynyrd, leggende del rock sudista americano, diventati celebri per i loro cavalli di battaglia come “Free Bird” o “Sweet Home Alabama” negli Anni Settanta, con il loro “God&Guns” rimangono esattamente fedeli a loro stessi, con il loro hard rock che spazia nel blues e nel country, senza pretendere di cambiare il mondo del rock. Molto più semplicemente, questo disco è una risposta alle disgrazie che hanno segnato la loro carriera, compresi i lutti in quest’ultimo anno, ed un modo per ribadire che loro continueranno a essere “still alone, still alive, still unbroken”.

Quello che risulta da “God&Guns” è un album che riesce a bilanciare la componente hard rock più dura e pura, il sano rock ‘n’ roll, la musica country, con uno splendido uso delle chitarre acustiche, ed il blues malinconico. A tutto questo, le lodi vanno anche ad una produzione di ottima qualità, che ha saputo esaltarle sonorità della band, rendo questo disco un’uscita assolutamente pregevole.

“Still Unbroken” è un ottimo biglietto da visita: graffiante ed aggressivo nei ritornelli, bilanciato anche dall’uso di chitarre acustiche tra una strofa e l’altra. Nel testo della canzone si respira il desiderio di libertà, e questo desiderio viene portato avanti, soprattutto musicalmente, nella traccia successiva “Simple Life”. Un brano di ampio respiro e gradevole, dalle influenze più country, dove i riff di chitarra sembrano scivolare via eterei, lasciando spazio alle chitarre acustiche e alle tastiere nei ritornelli.
“Little Thing Called You” spezza l’aura di spensieratezza, irrompendo con un riff decisamente rock ‘n’ roll e veramente accattivante, esprimendo tutta la rabbia di essere traditi dalla propria donna. La voce di Johnny Van Zant, fratello del cantante della band Ronnie Van Zant, morto nell’incidente aereo del 1977, è decisamente convincente ed espressiva, caricando di rabbia il ritornello.
La successiva “Southern Ways” è un brano decisamente country e molto melodico, dove le chitarre acustiche e le tastiere intrecciano note e melodie, ricreando un’atmosfera piena di calore, simile a quella di casa propria.
“Skynyrd Nation” è decisamente un brano da proporre ad un concerto. All’insegna del rock puro, questa canzone invita gli ascoltatori a fare festa e a divertirsi.
Non poteva mancare la classica ballad malinconica, come “Unwrite That Song”, a mio avviso uno dei migliori brani di questo “God&Guns”. Una canzone molto struggente, dove solo la batteria e le tastiere sono le protagoniste, assieme ai cori splendidi, e le chitarre rimangono di sottofondo per tutto il tempo, distanti e remote, eccetto per l’assolo.
Ora, immaginatevi, come nel miglior film western, un treno che arriva in lontananza, e passa per la classica città fantasma. La voce di Johnny in “Floyd” racconta una storia, molto inquietante a giudicare dal ritornello, accompagnata dalle chitarre acustiche, che assumono sonorità simili a quelle dei banjo.
Dopo la gradevole “That Ain’t My America”, si passa ad un altro dei pezzi forti di questo album. Dal ritmo accattivante ed in un certo senso seducente, dai riff di chitarra molto rock ‘n’ roll, “Comin’ Back For More” si distingue anche per un uso efficace dei sintetizzatori.
La title track “God&Guns” è estremamente varia: partendo da sonorità prettamente country, con chitarre acustiche, circa a metà brano esplode in tutta la sua forza hard rock, aumentando di intensità, per poi ripiombare nelle melodie iniziali.
“Storm” è un brano rock, con un’influenza vicina al gospel, per tutti quei cori in sottofondo, che esprime positività in ogni sua nota.
Chiude l’album la bellissima “Gifted Hands”, che sembra riprendere le atmosfere gospel, ancora una volta per la presenza di bellissimi e suggestivi cori, ed il testo che vuole esprimere la propria fede in Dio. Con uno splendido intermezzo sinfonico, fatto di archi, accompagnati dal resto degli strumenti, “Gifted Hands” lascia spazio poi ai virtuosismi dei chitarristi, che si lanciano in assoli rapidi e graffianti, ma non esagerati. Il tutto poi sfuma in un delicato arpeggio di chitarra acustica.

A volte, come si dice, “squadra che vince, non si cambia”, e i Lynyrd Skynyrd, volendo rimanere ancorati alle sonorità tipiche delle loro terre, e soprattutto fedeli a loro stessi, hanno vinto alla grande quest’ennesima sfida che ha segnato la loro lunghissima ed onorata carriera, sfoderando una forma invidiabile.



01. Still Unbroken
02. Simple Life
03. Little Thing Called You
04. Southern Ways
05. Skynyrd Nation
06. Unwrite That Song
07. Floyd
08. That Ain’t My America
09. Comin’ Back For More
10. God & Guns
11. Storm
12. Gifted Hands

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool