Gorgoroth
Quantos Possunt Ad Satanitatem Trahunt

2009, Regain Records
Black Metal

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 21/10/09

I Gorgoroth sono l'esempio di quanto il gossip abbia invaso anche i lidi più demoniaci della musica estrema. Dall'outing dell'ex cantante Gaahl, fra i personaggi più controversi della scena, con tanto di notizie stile “Novella 2000” sulla separazione dal suo giovane stilista (che per non farsi mancare niente ha ricevuto persino minacce di morte per aver indotto il musicista a svelare la sua omosessualità), alle battaglie legali sulla proprietà del nome Gorgoroth, che ha determinato la qualifica di "ex" allo stesso Gaahl e al bassista Kink Ov Hell e la vittoria di Infernus, da sempre chitarrista della band.

Insomma un clima un po' surreale, specialmente per una band black metal che non ha mai usato mezze misure per dimostrare la propria attitudine. Vogliamo ricordare il caso su un famoso concerto in Polonia con teste di pecora impalate, ragazze nude crocefisse e conseguente bagno di sangue e polemiche o i numerosi guai giudiziari nel corso degli anni? Stendiamo un velo pietoso e concentriamoci su questo "Quantos Possunt Ad Satanitatem Trahunt", ottavo album che sancisce una nuova fase nella vita dei Gorgoroth. Fatti fuori gli “scissionisti”, Infernus si trova le redini della formazione in mano, chiama a raccolta vecchi amici come il grandioso Pest alla voce, Tormentor alla chitarra e completa la line-up con Frank Watkins al basso e Tomas Asklund alla batteria, tutti nomi di un certo peso fra gli ascoltatori estremi.

L'intento di Infernus era quello di ribadire che i Gorgoroth sono cosa sua, quindi cosa c'era di meglio che rimettere le lancette del tempo verso la seconda metà degli anni 90, con un bel ritorno alle origini? Fare un buon album. Sì perché la volontà di staccarsi dall'era Gaahl/King Ov Hell è palese all'ascolto di "Quantos Possunt Ad Satanitatem Trahunt", molto vicino alle prime produzione dei nostri, quando ancora questi demoni facevano davvero impressione, quando i solchi di quei dischi trasudavano odio e disprezzo, quando ancora c'era un certo alone di mistero attorno a questi musicisti. Insomma, altri anni, altra band e altra ispirazione. Qui invece abbiamo tra le mani un lavoro che guarda al passato solo formalmente, svuotato in gran parte di tutta la cattiveria necessaria. Brani che giocano molto spesso su mid tempos abbastanza scialbi, privi della giusta atmosfera, che si susseguono senza troppa convinzione. Qualche buono spunto c'è, come nell'ottava "Satan-Prometheus", dal chorus epico indovinato, o nelle prime fasi del disco, ma la sensazione che l'album sia stato scritto senza la dovuta attenzione è forte. Probabilmente dopo tutte le vicissitudini, Infernus ha voluto subito gettarsi nel suo lavoro, forse per dimenticare un periodo non felice.

Più che legittimo certo, però se ci chiediamo se valesse davvero la pena produrre in disco del genere e (cosa ancor più importante) se valga la pena spendere dei soldi per "Quantos Possunt Ad Satanitatem Trahunt", la risposta è no. Un disco di mestiere, come del resto “All Shall Fall” degli Immortal, che potrà allietare i fan, ma che senza quel nome in copertina sarebbe passato completamente in sordina.



01. Aneuthanasia

02. Prayer    

03. Rebirth

04. Building a Man

05. New Breed

06. Cleansing Fire    

07. Human Sacrifice    

08. Satan-Prometheus    

09. Introibo ad Alatare Satanas

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