Recensione a cura di Mario Munaretto
Con qualche mese di colpevole ritardo, arrivo a recensire “The Onslaught”, album di debutto dei Lazarus A.D. ennesima band pronta a surfare l’onda del revival thrash metal. I Lazarus A.D. si formano nel 2005 nel Wisconsin, e dopo essersi fatti le ossa nel classico circuito dei club, arrivando ad aprire anche per nomi come Testament e Anthrax, incidono “The Onslaught” già nel 2007. L’album viene praticamente autoprodotto e la successiva distribuzione relegata a canali underground, fino a quando Metal Blade Records, la storica etichetta fondata da Brian Slagel, si accorge delle potenzialità della band.
La label californiana mette sotto contratto i Lazarus A.D. e manda in stampa “The Onslaught” all’inizio di questa primavera, in versione rimasterizzata e con un nuovo mixaggio, opera di James Murphy, ex-Death, Agent Steel, Testament e un sacco di altri nomi. Il sound dei Lazarus A.D. ricorda molto quello dei primi Metallica e soprattutto dei primi Slayer, provate ad ascoltare il riff portante della canzone “Thou Shall Not Fear” che sembra uscito direttamente da “Hell Awaits”, per non parlare poi delle parti soliste delle chitarre, pescate a piene mani da Tempo Of The Damned o da Shovel Headed Kill Machine degli Exodus. Quindi?
Verrebbe da dire che siamo alle solite: gruppo derivativo, mancanza di idee e di originalità e via con la solita litania da Soloni della critica musicale. I Lazarus A.D. suonano thrash-metal, uno dei generi più statici, reazionari e intrasigenti che ci sia, un genere che se ne frega allegramente dell’innovazione, dell’evoluzione e tutte quelle belle paroline che vengono spesso infilate a bella posta nelle recensioni per infarcirle e dare tono. Il thrash è velocità, violenza, potenza, forza d’urto, è soprattutto attitudine, che non manca a questi ragazzi dello sperduto Wisconsin.
Certo bisogna essere capaci di suonarlo e i Lazarus A.D. si danno un gran da fare con il loro old-school, l’head-banging è assicurato sui riff tagliagole di “Last Breath”, “Damnation For The Weak”, “Absolute Power” e la già citata “Thou Shall Not Fear”, frutto della coppia Lackner-Gapen, pronta a dare briglia sciolta alle rispettive chitarre con stacchi e ripartenze, aperture e assoli.
Di buona qualità anche la prova della sezione ritmica, portata avanti dal tecnico Ryan Shutler alla batteria e da Jeff Paulick al basso, capace di gestire anche la parte vocale più che egregiamente. Altri episodi da menzionare sono le due parti della title-track, “Revolution” e “Rebirth”, e “Every Word Unheard”. E’ possibile trovare quantità e quantità in “The Onslaught”, un signor disco per una band al debutto, entrato di diritto nella mia personale playlist thrash di quest’anno insieme a “Hordes Of Chaos” dei Kreator. Stay Thrash!