Brown & The Leaves è l’incarnazione artistica di Mattia Del Moro, giovane cantautore proveniente dalla regione della Carnia. È proprio tra il silenzio e gli scenari immobili, quasi incontaminati di questa remota zona del Bel Paese che si compie la formazione musicale del Nostro, immersa in un flusso di melodie indistruttibili (quelle dei The Cure, di Lou Reed e David Byrne) ed amichevoli accordi di pianoforte e chitarra (strumenti studiati sin dalla più tenera età), stagliandosi sul niveo sfondo di un quadro domestico che da sempre manifesta forti inclinazioni artistiche. Dopo una rapida e poco soddisfacente parentesi post-punk in epoca adolescenziale, Mattia viene illuminato dalla sensibilità del compianto Nick Drake: saranno proprio le inquiete armonie di “Pink Moon” ad indicargli la strada da perseguire.
Il ragazzo cresce, viaggia, scatta fotografie del mondo attraverso il finestrino di un treno. E l’artista lo segue a ruota, componendo il suo primo album… Nei “Landscapes” di Brown & The Leaves non riecheggiano soltanto i freddi venti, l’immobilità e la solennità della natura del territorio natale, ma anche i mille volti, suoni e colori della laguna veneziana, attuale casa adottiva dell’artista friulano. Dalla chitarra e dalla pacata voce di Mattia sbocciano undici racconti miti, struggenti, molto spesso votati all’introspezione; l’accompagnamento, prevalentemente acustico, poggia con fare tranquillo sulle pennellate ora giocose ora nostalgiche del violoncello, del contrabbasso e del pianoforte. Mattia sembra quasi volerci accompagnare per mano in un tragitto interiore che va a toccare le tappe più importanti della nostra crescita, cosicché le sue composizioni facciano vibrare le corde del nostro animo, cogliendolo di sorpresa nelle sue più difformi emozioni.
È grazie a questa energia intrinseca, espressa attraverso la voce dei ricordi, che l’esordio di Brown & The Leaves riesce a farsi apprezzare ed ammirare, pur citando a più riprese il folk emozionale dei Kings Of Convenience, piuttosto che il minimalismo di Sufjan Stevens o la fragilità del suo stesso iniziatore. Ideale per l’imminente stagione fredda, la musica contenuta in questi “Paesaggi”, potrebbe ritrovarsi a corroborare la sensibilità di molti. Emozionarsi, d’altronde, non è mai stato un reato.