W.A.S.P
Babylon

2009, Demolition Records
Hard & Heavy

Blackie Lawless ci racconta le sue visioni apocalittiche... a suon di rock!
Recensione di Marco Ferrari - Pubblicata in data: 16/11/09

Se è vero che i cavalli di razza non saranno mai del tutto domi, evidentemente Blackie Lawless può essere considerato un esemplare di rara forza e passione. Nell’arco della sua carriera ultra ventennale (la band nacque nel 1982) i W.A.S.P. hanno dimostrato tutte le loro qualità alternando diverse fasi stilistiche, ma senza poter essere mai considerati banali.


Babylon arriva a due soli anni di distanza dal buon Dominator e ci regala quasi cinquanta minuti di musica nella quale il marchio stilistico di Blackie è impresso col fuoco. L’alternanza di brani aggressivi e maledettamente efficaci e di momenti profondamente intimistici ed emozionanti è ben gestita e, diciamolo subito, non si può che rimanerne soddisfatti.
Le bibliche visioni alla base dei testi vengono, come spesso accade in casa W.A.S.P., utilizzate come metafore per narrare il disappunto nei confronti della società moderna e le intelligenti parole di Mr. Lawless ben si adattano alle variazioni emotive del cd.

Nonostante i primi tre brani del disco siano da considerare di buona fattura (la pregevole opener “Crazy” si segnala per la sua irruenza e per il ritornello particolarmente melodico), la musica non sembra voler decollare sui livelli attesi. A dare il giusto tocco di adrenalina ci pensa la prima cover presente nel disco, la meravigliosa “Burn” qui riproposta in maniera accattivante e dove la potente voce di Blackie Lawless la da padrona. Dopo esserci ridestati grazie ai potenti riff dei Deep Purple c'è il brano migliore del disco: con “Into The Fire” i W.A.S.P. tornano alle atmosfere che li hanno resi grandi, con un pezzo toccante, di rara bellezza e intensità. Ritrovata una dimensione artistica di alto livello non resta che lanciarsi nell’incontenibile vortice di “Thunder Red” e “Seas Of Fire”, semplici quanto efficaci esempi della classe che scorre nelle vene dei purosangue. Ultima sorpresa del disco è ancora una cover, “Promised Land”, qui riproposta in una folle quanto divertente sfuriata rock’n roll.


Come spesso accade quando si tratta di recensire un album di una band che ha fatto la storia del rock, si tende a giudicare per estremi: o siamo di fronte ad un capolavoro, o ad un lavoro banale lontano anni luce dagli episodi degli anni migliori. Valutare in tali termini Babylon sarebbe un errore madornale perché si tratta “semplicemente” di un album godibile, ben strutturato e ben prodotto che, sia nei suoni che nella produzione, non può che farci tornare indietro nel tempo. Il punto di forza del disco è che non cade nella solita "operazione nostalgia", ma è l’ennesimo libero sfogo artistico di un musicista che, non ancora domo, continua a regalare ai propri fan buoni motivi per saltare ed urlare sotto il suo palco.





01. Crazy
02. Live To Die Another Day
03. Babylon's Burning
04. Burn (Deep Purple cover)
05. Into The Fire
06. Thunder Red
07. Seas of Fire
08. Godless Run
09. Promised Land (Chuck Berry cover)

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