Astra
From Within

2009, Lion Music
Prog Metal

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 18/11/09

Quando una cover band decide di “mettersi in proprio”, il rischio maggiore risiede nel trascinarsi costantemente, lungo la propria vita, lo spettro della band cui si è deciso di prestare gli omaggi agli albori della propria carriera.
Ai romani Astra, ennesima incarnazione discografica del prezzemolino (ma sempre graditissimo) singer Titta Tani (ex DGM), succede un po’ questo: partiti come cover band dei Dream Theater (vincendo anche, nel 2002, il premio come miglior tribute band italiana della band Progressive Metal per eccellenza), oggi ritornano con questo secondo episodio discografico “From Within”, e lo spettro del Teatro dei Sogni aleggia ancora pesantemente nella loro musica.

Fortunatamente, c’è un gran bel “ma”: le influenze dei nostri romani non si fermano solo ai Dream Theater, ma spaziano anche ai Queen (ascoltate la conclusiva “Never Say Goodbye”), piuttosto che un certo flavour hard rock (“Memories Remain”), quando non incazzosamente thrash (“The Hitman”).
Su tutto, una melodiosità così tipicamente italiana, la stessa che si ritrova in band come i già citati DGM, per non parlare di Labyrinth o Vision Divine. Il risultato è un mix estremamente godibile, dove le canzoni migliori del lotto sono sì quelle che si rifanno direttamente all’ispirazione Dream Theater (la delicatissima, ed al contempo intensa, “The Rage Behind”, piuttosto che il capolavoro di riffing marziale che è “Hypocrisy”), ma ciò non toglie che gli umori cangianti di una “Memories Remain”, piuttosto che i modernismi di “Save Another Day”, creino un mood melodico sufficientemente personale.

Altro fattore degno di nota: la durata dei pezzi. Ora, quello che ho davvero apprezzato di questo cd è che le idee che lo animano ci vengono proposte in modo molto diretto: scordatevi assoli chilometrici, derivazioni ambient/psichedeliche che allungano, inesorabilmente, i minutaggi delle canzoni dalla struttura classicamente progressive. Qui il brano più lungo è “Hypocrisy” coi suoi 7 minuti di durata, quindi i puristi della tecnica a tutti i costi magari farebbero bene a volgere lo sguardo altrove, mentre chi bada più all’emozionalità della musica continui a leggere aggiungendo anche un bonus di almeno mezzo punto al voto che leggete in fondo.

Tirando le somme: non è un album che spicca troppo per originalità, ma è suonato bene e con il cuore. Sinceramente, a me pare un motivo più che sufficiente per dare a questi ragazzi una possibilità: chissà che non possiate rimanere anche voi conquistati, travolti dalla loro musica.



01. Over the Hills
02. Promises You Made
03. Memories Remain
04. The Rage Behind
05. Save Another Day
06. Hypocrisy
07. Road To Nowhere
08. Simple Mind
09. The Hitman
10. Never Say Goodbye

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