Manegarm
Nattvasen

2009, Regain Records
Viking

Recensione di Fabio Petrella - Pubblicata in data: 20/11/09

Per due lunghissimi anni ho aspettato questo momento. Ho temuto e sperato. Adesso che l’ora è giunta scopro che le inquietudini, ahimè, erano fondate. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di fugare il contenuto criptico dell’introduzione.

Nell’Edda in prosa di Snorri Sturluson, leggendario scaldo e politico islandese, si narra di un famelico lupo che, alla fine dei tempi, divorerà l’astro lunare. Nata nella Járnviðr, la foresta di ferro, la bestia colpevole dell’efferato crimine risponde al nome di Mánagarmr, Cane della Luna.  Anticamente era identificato con Hati, altro lupo mitologico dal destino similare, ma non bisogna confonderli. Quest’ultimo, infatti, soleva inseguire il satellite della Terra attraverso il cielo per ogni notte nel tentativo di azzannarlo. Quando l’impresa riusciva si verificavano le eclissi.

Svezia, 1995. Gli Antikrist, giovane black metal band, decidono di cambiare il monicker in Månegarm, proprio in onore della selvaggia creatura decantata nella Völuspá. Da lì a breve registrano il primo demo; per l’esordio sugli scaffali si deve attendere il giugno del 1998.  A seguito di alcune vicissitudini il singer Viktor Hemgren si allontana dalla band e viene sostituito da Erik Grawsiö. Nel 2000 esce il secondo "Havets Vargar", ma le prime avvisaglie del futuro successo arrivano nel 2003 con "Dödsfärd" che consacra la band nel filone Viking. Il ricco intreccio di sonorità che dà linfa al genere è assecondato nelle opere degli svedesi da nutriti inserti folk che evidenziano il collegamento con le proprie radici culturali. Concetto palesato dalla presenza di strumenti tradizionali quali Munharpe e Stavflute. Con il platter successivo, "Vredens Tid", la band scandinava viene investita di consensi. Innesti vocali femminili, melodie succulente, violini impazziti e ritmi da capogiro fanno da cornice all’opera che va a sovrapporsi alle precedenti spopolando tra gli appassionati. Ma è con "Vargstenen" che si cristallizzano a pieno le intenzioni della band. Senza mezzi termini si parla di capolavoro. La componente folk è vivissima, l’epicità sfrenata e la carica infinita. I brani si colorano di volta in volta e secondo il contesto si ammantano d’emozioni, a volte struggenti e commoventi, altre spensierate e allegre. Un lavoro completo che racchiude l’essenza dei Månegarm. Il cosiddetto frutto della maturità. A due anni di distanza, in un anonimo novembre, esce "Nattväsen", le Creature della Notte.

Crollo delle aspettative. Sbrogliato il mistero dell’ermetica introduzione, rompiamo qualsiasi indugio e sveliamo l’arcano: "Nattväsen" delude, semplicemente. Il lavoro in sé è ottimo, seppur  inferiore agli standard abituali del gruppo di Norrtälje. Anche se l’elemento folk occupa un ruolo più marginale, gli ingredienti fondamentali ci sono: dalle potenti cavalcate infiammate dai violini ai momenti più malinconici carichi di suggestione. I nove brani contenuti nel full-length ricalcano le vecchie produzioni, le ultime due in particolare, risultando a tratti quasi forzati. Nella mente balugina la parola “riciclaggio”, ma la mano ha un tremito al solo pensiero.

Accontentiamoci allora di "Nattsjäll-Drömsjäl" che convince con la sua melodia calda e avvolgente, così come nel caso di "I den Svartaste Jord". Ma qualcosa all’interno degli estratti mi induce a diffidare. Stesso discorso per la title-track. La qualità del frammento è indubbia, e può essere benissimo indicata come la migliore del lotto, ma anch’essa è spiritualmente incompleta. La magia di una "Genom Världar Nio" o la poesia di una "En Fallen Fader" sono raramente rintracciabili in "Nattväsen" che, diversamente dal precedente, non è completo. Questa probabilmente è la sua colpa maggiore. Se possono tollerarsi brani sornioni e poco ispirati come "Vetrarmegin", non può di certo essere ammesso un calo di tensione emotiva così evidente. Sul finire anche la stessa "Delling", felicemente accompagnata da una sinuosa chitarra acustica, non raggiunge i livelli dell’intensa "Eld", scia conclusiva di "Vargstenen".

Che dire? La carne al fuoco è di sicura qualità, ma una volta addentata risulta scotta. Il disco è stato evidentemente costruito a tavolino dagli svedesi, che hanno prodotto qualcosa di nuovo senza particolari sforzi. Ed è questo a deludermi enormemente. I Månegarm non osano come avrebbero dovuto e con spietata astuzia tirano i remi in barca per assaltare villaggi già depredati in passato. Stavolta non è il lupo a divorare la luna, bensì il contrario.



01. Mina Fäders Hall
02. Nattsjäl, Drömsjäl
03. Bergagasten
04. I Den Svataste Jord
05. Hraesvelg
06. Vetrarmegin
07. Draugen
08. Nattväsen
09. Delling

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